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a cura di Marialuisa Barbon
1. Descrizione del fondo
2. Criteri di catalogazione e ordinamento del catalogo
3. Tavola delle sigle e delle abbreviazioni
Ringraziamenti
A. Tavole autografe
B. Tavole delle opere
C. Criteri di trascrizione delle opere
D. Prospetto analitico delle opere
E. Il lascito compositivo di Bruno Pasut
1. Descrizione del fondo
Il fondo, ottimamente conservato sia da Bruno Pasut sia, dopo la sua scomparsa, dalle figlie, è costituito da 298 opere,1 in gran parte inedite,2 databili tra il 1930 e il 2004.
Esso mi è giunto già parzialmente ‘catalogato’: l’Autore, in maniera scrupolosa, aveva redatto due cataloghi delle proprie opere, il primo risalente al 1998,3 il secondo4 – in cui assegna i numeri d’opera – non datato, redatto negli ultimi anni di attività.
La prima elencazione, conservata in una cartella arancione, dattiloscritta ma integrata a mano dall’Autore, è riportata sia in modo analitico, sia in maniera sintetica:5 quest’ultimo documento, datato 22 giugno 1998, è integrato da una carta interamente manoscritta (Treviso, 26 ottobre 2000). La musica vi appare suddivisa in 28 raggruppamenti, contrassegnati da una lettera ed eventualmente da un numero, principalmente secondo il criterio dell’organico. Ogni gruppo è stato posto in una cartella di cartoncino di diverso colore6, che nel frontespizio presenta un elenco numerato (non sempre aggiornato)7 delle opere ivi racchiuse.
Mentre questa prima sistemazione aveva il pregio della sistematicità, ma peccava forse di prolissità, quella più recente presenta dei problemi di coerenza.
Il quaderno verde, interamente scritto a mano, intitolato Catalogo riassuntivo delle mie composizioni, ricostruzioni, elaborazioni, armonizzazioni, revisioni ed assegnazione dei numeri d’opera correlati8 voleva essere la sistemazione definitiva di Bruno Pasut alla propria musica.
Lì egli aveva assegnato il numero d’opera a 194 composizioni, tralasciandone quindi una parte sostanziosa, che è stata numerata ora. Nel frontespizio del quaderno verde c’è un Quadro per la ripartizione del Catalogo Musiche9 in cui le categorie sono state ristrette a 9 (nel corso dell’elencazione in realtà l’Autore ne ha introdotte altre 3), ma non vengono rispettate sistematicamente, per cui alcuni raggruppamenti risultano spuri.
2. Criteri di catalogazione e ordinamento del catalogo
Nel redigere questo catalogo mi sono attenuta alle norme di catalogazione dell’Associazione Veneta per la Ricerca delle Fonti Musicali, in accordo con le regole R.I.S.M. (Répertoire International des Sources Musicales); nello specifico ho consultato edizioni della Fondazione Levi,10 integrate dalla Guida a una descrizione catalografica uniforme dei manoscritti musicali di Massimo Gentili Tedeschi,11 e dal New Grove Dictionary of Music and Musicians.12
Il lavoro di catalogazione è iniziato con lo spoglio di tutto il materiale, e la seguente risistemazione di ciò che era accidentalmente fuori posto, seguita dalla ricerca presso familiari, amici, e colleghi di Pasut delle opere che mancavano dal fondo. Grazie alla preziosa collaborazione di Gabriella Pasut, una delle figlie, e all’aiuto di Paolo Bon e di Giuliano Carmignola, maestri ed amici, è stato possibile reperire tutto il materiale, ad eccezione di due opere, che a tutt’oggi risultano introvabili.13
Successivamente per ogni opera è stata redatta una scheda comprendente le seguenti sezioni:
- numero di catalogo, originale o assegnato da me durante la catalogazione se l’opera ne era priva (in questo caso tra parentesi quadre);
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- titolo convenzionale, assegnato da me, comprendente altri elementi identificativi come l’organico14 e la tonalità. Per quando riguarda le tonalità, esse sono espresse con l’iniziale maiuscola (es.: Do), eventualmente seguite dal simbolo del diesis o del bemolle, e nel caso di tonalità minori, seguite dall’abbreviazione “min.” (es.: Do min.);
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- titolo originale, che riproduce in corsivo esattamente ciò che si trova sul frontespizio, mantenendo inalterate le abbreviazioni, l’ortografia e la punteggiatura originale. Gli “a capo” originali della fonte sono indicati con barre trasversali;
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- descrizione delle fonti, che fornisce le indicazioni riguardanti autografo o copia, luogo e data di composizione, caratteristiche fisiche dell’opera (partitura, particella, parte; numero o dimensione delle carte, espresse in millimetri; rilegature o fascicolazioni);
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- mezzi di esecuzione (organico), espressi tramite simboli e numeri romani15 e trascritti nell’ordine della partitura, dall’alto al basso. Viene indicata la presenza e il numero di parti separate;
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- incipit musicale, costituito da almeno 10 note non ribattute della prima V che inizia (solitamente tra le V si sceglie la più acuta), e nel caso si tratti di semplice accompagnamento, si trascrive anche l’inizio della parte solista, assieme al nome delle V trascritte, alle indicazioni di movimento e all’eventuale incipit letterario;
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- sezioni o parti di cui è composta l’opera, assieme alle indicazioni di tempo e alla/alle tonalità (se non si può parlare di tonalità ho utilizzato i termini “modale”, “atonale”, “gregoriano”);
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- eventuali notizie utili, come dediche, anomalie del supporto cartaceo, edizioni a stampa;
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- anno di composizione, quasi sempre scritto in calce all’opera; in mancanza, è stato desunto dagli elenchi redatti dall’Autore, oppure sostituito da un punto interrogativo.
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Ogni opera è stata inserita in una delle 13 seguenti categorie di genere:
- Orchestra
- Organo
- Pianoforte
- Musica da camera vocale
- Musica da camera strumentale
- Musica sacra vocale
- Musica sacra per voci e strumenti
- Musica profana vocale
- Musica profana per voci e strumenti
- Musica vocale sacra e profana
- Temi vari e abbozzi
- Didattica
- Rielaborazioni (se presente nelle precedenti categorie, questo termine indica una rielaborazione dell’Autore di materiale musicale non originale).
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Tutte le parole ed espressioni inserite in corsivo nelle schede sono citazioni di Bruno Pasut, riportate tali e quali, anche con eventuali particolarità linguistiche o sintattiche.
Tutti i miei interventi sono inseriti tra parentesi quadre. Gli eventuali punti di domanda corrispondono alla mancanza dell’informazione in esame.
Alcune opere non presentavano un numero di catalogo assegnato dall’Autore; ho ritenuto opportuno assegnare a 100 opere un nuovo numero, indicato tra parentesi quadre, secondo i seguenti criteri:
- alle raccolte non catalogate (originali o di trascrizioni e revisioni) è stato assegnato un unico numero d’opera, seguendo il criterio già adottato dall’Autore in casi simili;
- quando l’opera indipendente e completa non avesse un numero d’opera lo si è assegnato proseguendo la numerazione progressiva dall’ultima opera catalogata da Pasut (es.: [op. 195]);
- quando l’opera completa senza numero non fosse indipendente, ma legata per titolo, affinità musicale oppure collocazione ad un’altra già numerata (es. nelle trascrizioni, o quando una carta ospita più opere), si è adottato lo stesso numero dell’opera ‘principale’ apponendovi una specifica (es.: [op. 145bis], [op. 76.I]);
- quando l’opera completa e numerata non fosse indipendente, ma legata ad un’altra composizione oltre che per titolo, affinità musicale o altro, anche per lo stesso numero di catalogo, si è adottato il criterio di apporre accanto a questo numero d’opera una specifica (es.: op. 106[I]);
- quando un’opera non avesse il numero d’opera ma fosse stata comunque collocata dall’Autore all’interno di una cartella e dotata di un numero progressivo all’interno della cartella stessa, si è deciso di assegnare ad ogni opera la lettera maiuscola identificativa della cartella, seguita dal numero di elenco desunto dal frontespizio (es.: [R/1]); nel caso in cui ad uno stesso numero corrispondano più opere, accanto è stata posta una specifica (es.: [R/2.I]).
3. Tavola dei simboli e delle abbreviazioni
A |
alto, contralto (V) |
armonizz. |
armonizzazione |
arpa |
arpa |
autogr. |
autografo |
B |
basso (V) |
bc |
basso continuo |
Br |
baritono (V) |
c./cc. |
carta/e |
cad. |
cadauno, ciascuno |
catal. |
catalogo |
cb |
contrabbasso |
chit |
chitarra |
cl |
clarinetto |
conc. |
di concerto, concertante |
cor |
corno |
cs |
cassa |
ed. |
edizione |
fag. |
fagotto |
fasc./fascc. |
fascicolo/i |
fl |
flauto |
greg. |
gregoriano |
harm |
harmonium |
incompl. |
incompleto |
melod. |
melodica |
min. |
minore |
mm |
millimetro/i |
ms./mss. |
manoscritto/i |
mus. |
musica |
Mzs |
mezzosoprano (V) |
n./nn. |
numero/i |
ob |
oboe |
obbl. |
obbligato |
op. |
opera |
orch. |
orchestra |
org |
organo |
p./pp. |
pagina/e |
partic. |
particella |
partit. |
partitura |
pf |
pianoforte |
realizz. |
realizzazione |
recit. |
recitativo |
rev. |
revisione |
riduz. |
riduzione |
rielab. |
rielaborazione |
rileg. |
rilegato |
rip. |
di ripieno |
S |
soprano (V) |
T |
tenore (V) |
tamb mil |
tamburo militare |
timp |
timpani |
tr |
tromba |
trascriz. |
trascrizione |
trb |
trombone |
V |
V/i |
vl |
violino |
vla |
viola |
vlc |
violoncello |
Ringraziamenti
Giunta al termine del mio lavoro, mi fa piacere ringraziare alcune persone che hanno avuto una parte essenziale in questa mia lunga e interessante ‘avventura’ catalografica: innanzitutto il prof. Giuliano Simionato, mio illustre compaesano, che mi ha coinvolta, su invito della famiglia Pasut, per il desiderio che la musica di un carismatico musicista e promotore musicale di origini spresianesi come Bruno Pasut fosse catalogata da una giovane musicista e musicologa spresianese come me; le figlie del Maestro, Laura, Gabriella, Paola, Bruna, Patrizia, che con affetto e pazienza mi hanno consentito di avere ampio accesso al fondo musicale, e hanno con fiducia atteso gli esiti del lavoro; Mara Zia per il preziosissimo aiuto nella redazione delle schede; mio marito Gioele, il trascrittore delle musiche, per aver condiviso a lungo con me l'enorme lavoro fatto.
L’auspicio della famiglia Pasut, e anche il mio, è che tramite la consultazione di questo catalogo, le opere in esso contenute, frutto di una Vita spesa nella e per la musica, possano essere conosciute e fruite da un vasto numero di persone.
A. Tavole autografe
Prima classificazione (1998-2000) |
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Seconda classificazione (2000-2004) |
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B. Tavole delle opere ordinate per:
numero d’opera |
|
genere musicale |
|
anno |
|
cartelle |
|
edizione |
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C. Criteri di trascrizione delle opere
Come la tradizione compositiva più valevole insegna, l'arte del trascrivere si rivela essere la metodologia più per conoscere l'opera musicale di un autore; così è avvenuto anche durante la trascrizione degli oltre duecento numeri di catalogo del fondo Pasut, che ha permesso di evidenziare alcuni tratti rilevanti del linguaggio del musicista trevigiano.
Durante la il lungo lavoro di trascrizione, durato oltre tre anni, è inoltre stato possibile non solo riportare alla luce pagine a tutti gli effetti inedite e meritevoli d'attenzione, ma anche individuare un'immaginaria suddivisione tra le opere “predilette” (primo genere), quelle più rappresentative dell'evoluzione stilistica (secondo genere), quelle che sicuramente sarebbero state riviste dal compositore (terzo genere), quindi una serie di “bozze” comunque compiute (quarto genere) ed infine una serie di di incartamenti di minor valore (quinto genere), presumibilmente vergati in un'ottica d'uso immediato, poi accantonati senza presumibili possibili future riprese da parte del compositore.
Le prime, facilmente identificabili in quanto perfettamente scritte, ottimamente conservate e spesso già eseguite (se non addirittura edite o premiate in concorsi) sono state quelle che hanno richiesto, naturalmente minor sforzo e minori scelte grafico-interpretative; l'opera di ammodernamento della fonte (trattandosi di un repertorio interamente scritto in notazione moderna senza uso di chiavi antiche o convenzioni inusuali), si è via via complicata andando verso i manoscritti a matita che un po' a causa del tempo un po' proprio per la loro natura di bozza, si presentano in cattivo stato; in questa categoria, va sottolineato come si tratti comunque di pagine databili con esattezza dai sessanta agli ottant'anni d'età, pertanto è quantomai comprensibile la difficoltà di conservazione specie trattandosi quasi sempre di un tratto a matita molto essenziale e leggero. In generale le opere appartenenti a questi due generi (e qualche caso del terzo) sono vergate a penna su carta pulita o, raramente, ricalcate sulla stessa bozza primigenia con la chiarificazione di incertezze e soluzione di alcune proprie convenzioni (quali su tutte le dinamiche inizialmente solo abbozzate e poi scritte e precisate per esteso).
Benché esuli dal mero compito di trascrizione, ritengo necessario dire come la condizione della fonte non sempre sia andata di pari passo con il valore dell'opera, ad esempio l'opus 90 [Lauda Spirituale] appartenente al quarto genere (“bozze compiute” ma a matita) ha richiesto non poche scelte (anche metrico-musicali) da parte dello scrivente, pur tuttavia è da ritenersi tra le più significative della conoscenza da parte del Pasut, di uno stile antico severo (cinque voci miste), qui veramente ben sviluppato. Altresì alcune opere benché in splendida veste manoscritta, non presentano tratti così distintivi come la summenzionata; l'autore nel corso della sua vita ha per così dire saggiato vari linguaggi, da quello più arcaico sino alle avanguardie e pertanto in questo suo personalissimo percorso, è evidente come abbia considerato inizialmente alcune pagine più significative di quanto non si siano rivelate poi ad uno sguardo a posteriori, viceversa alcune pagine ch'egli lasciò per molti aspetti ibride, sono ai nostri occhi più valevoli per la descrizione del suo ampio e articolato profilo artistico.
In linea di massima (ad eccezione della quinta specie e di rari esempi della quarta), ciò che è stato necessario compiere in sede di trascrizione è stato il definire maggiormente il gesto compositivo dell'autore dal punto di vista della dinamica e dell'agogica; ad esempio graficamente è stato significativo, in nome della futura fruizione, inquadrare gli ambiti delle lunghissime legature, spesso dilatate anche oltre la pagina e gettate d'impeto sulla carta, oppure alcuni segni metrici solo accennati e non riportati in tutte le voci (con riferimento alle opere polifoniche).
La scelta dei testi nell'opera vocale, sia in italiano che in latino ha imposto di rivedere alcune sillabazioni a volte non perfettamente simmetriche tra le parti, così come incongruenze tra respiri, legature e metrica, tuttavia ad eccezione di pochi casi, le correzioni avevano un'unica soluzione e pertanto frutto evidente di un iniziale refuso.
Sono state escluse dal lavoro di trascrizione le armonizzazioni delle Sonate di Giuseppe Tartini (comunque presenti in forma manoscritta nel catalogo on-line) e tutte le altre opere non originali, a loro volta trascrizioni ad uso, nonché una piccola serie di abbozzi di poche battute inutilizzabili (ad esempio l'opera 77); una piccola nota va fatta proprio per le tante opere del Tartini trascritte dal Pasut che rivelano per certi versi, un'ottica assolutamente filologica (il Nostro, parte dalla fonte manoscritta originale presente tutt'oggi nell'archivio cartaceo della sua opera in formato fotografico) senonché mediata da un gusto pianistico benché sobrio, che le rende oggi superate, al pari di molte altre anche di illustri autori.
In conclusione, da un punto di vista armonico, permettendo le moderne tecnologie di ascoltare subitamente l'opera trascritta, sono certo che posta sul leggio dell'esecutore-studioso, egli avrà modo di interpretare alcune dissonanze e ometterne altre in favore del proprio gusto e sulla base di un ennesimo confronto con i grappoli accordali presenti nei manoscritti, il trascrittore è difatti certo che alcune opere, presumibilmente scritte e mai eseguite, suggeriranno al futuro interprete una serie di accorgimenti, che pur non stravolgendo l'opera, ne inquadreranno maggiormente il percorso e l'idea musicale sottesa.
Complessivamente va puntualizzato che una così ingente opera di trascrizione, per mole e per eterogeneità di stili non potrà sottrarsi dal giudizio futuro di quanti, attingendo dall'archivio on-line qui presentato, desidereranno apportare ulteriori modifiche a quella serie di componimenti, di linguaggio più personale appartenenti agli ultimi tre gruppi più sopra inquadrati, che sono stati immancabilmente e necessariamente sottomessi all'interpretazione del sottoscritto, che già da ora chiede venia, qualora la sua idea risultasse, un domani, inadeguata.
Gioele Gusberti
D. Prospetto analitico delle opere
Composizioni per orchestra
Opera |
Titolo |
Organico |
Anno |
Scheda |
Trascrizione |
Commento |
Op. 1 |
Largo |
|
1995 |
|
|
|
Op. 2 |
Madrigale e Danza |
orch. d’archi |
1938-39 |
|
|
|
Op. 3 |
Messa nuziale |
archi, org |
1945 |
|
|
|
Op. 4 |
Largo |
orch. d’archi |
1940 |
|
|
|
[Op. 199] |
Fuga |
orch. |
? |
|
|
|
[Op. 216.I] |
Tema con variazioni |
orch. |
? |
|
|
|
[Op. 216.II] |
Tema con variazioni |
orch. |
? |
|
|
|
Composizioni per organo
Composizioni per pianoforte
Opera |
Titolo |
Organico |
Anno |
Scheda |
Trascrizione |
Commento |
[Op. 76.I] |
Rimembranze… |
pf |
1930-32 |
|
|
|
[Op. 76.III] |
Valzer |
pf |
1930 |
|
|
|
[Op. 77.I] |
Ninna nanna |
pf |
1932 |
|
|
|
Op. 96 |
Pastorale I |
pf |
1984 |
|
mancante |
|
Op. 97 |
Ninna nanna |
pf |
1987 |
|
|
|
Op. 98 |
Ninna nanna 2 |
pf |
2001 |
|
|
|
Op. 99 |
Acquerelli |
pf |
1989 |
|
|
|
Op. 100 |
Valzer (Omaggio a Chopin) |
pf |
1989 |
|
|
|
Op. 101 |
Sette impressioni |
pf |
1987 |
|
|
|
Op. 102 |
Valzer del Papà (riel.) |
pf |
1989 |
|
|
|
Op. 103 |
Adagio |
pf |
1992 |
|
|
|
Op. 104 |
Improvviso |
pf |
1931 |
|
|
|
Op. 105 |
Valzer |
pf |
1994 |
|
|
|
Op. 106 |
Elegia |
pf |
1995 |
|
|
|
Op. 106[I] |
Fantasia |
pf |
1994 |
|
|
|
Op. 107 |
Divagazioni |
pf |
1987 |
|
|
|
Op. 108 |
Divagazioni armoniche |
pf |
1993 |
|
|
|
Op. 109 |
Improvviso |
pf |
1992 |
|
|
|
Op. 110 |
Preludio (Omaggio a Debussy) |
pf |
1939 |
|
|
|
Op. 111 |
Adagio e Fantasia Burlesca |
pf |
1944 |
|
|
|
Op. 112 |
5 pezzi facilissimi |
pf |
1944 |
|
|
|
Op. 113 |
Idilli Alpini |
pf |
1944 |
|
|
|
Op. 114 |
A Piero Bianucci |
pf |
1980 |
|
|
|
Op. 115 |
Elegia |
pf |
1982 |
|
|
|
Op. 116 |
Pastorale |
pf |
1984 |
|
|
|
Op. 117 |
Suite |
pf |
1984 |
|
|
|
Op. 118 |
Meditazione |
pf |
1986 |
|
|
|
Op. 119 |
Scherzo – Fantasia |
pf |
1987 |
|
|
|
Op. 120 |
Tre pezzi facili |
pf |
1998 |
|
|
|
Op. 121 |
Tema e variazioni |
pf |
1987 |
|
|
|
Op. 122 |
Corale |
pf/org |
1987 |
|
|
|
Op. 123 |
Sonata (stile Scarlatti) |
pf |
1941 |
|
|
|
Op. 125 |
Preludio |
pf |
1937 |
|
|
|
Op. 126 |
Pensieri |
pf |
1938 |
|
|
|
Op. 127 |
Suite (Omaggio a Bach) |
pf |
1939 |
|
|
|
Op. 128 |
Improvviso |
pf |
? |
|
|
|
Op. 129 |
Preludio |
pf |
1995 |
|
|
|
Op. 130 |
Ninna nanna |
pf |
1995 |
|
|
|
Op. 131 |
A Carla/Rimembranze |
pf |
2000 |
|
|
|
Op. 132 |
Marcia (riel.) |
pf |
1995 |
|
|
|
Op. 133 |
Margherita – Marcia (riel.) |
pf |
1995 |
|
|
|
Op. 134 |
Dolce ricordo – Mazurka (riel.) |
pf |
1995 |
|
|
|
Op. 135 |
Polka (riel.) |
pf |
1995 |
|
|
|
Op. 186 |
Preludio |
pf |
2002 |
|
|
|
Op. 194 |
Minuetto |
pf |
2003 |
|
|
|
Op. [198] |
Improvviso |
pf |
1999 |
|
|
|
Musica da camera vocale
Opera |
Titolo |
Organico |
Anno |
Scheda |
Trascrizione |
Commento |
Op. 52 |
Tre liriche – I volume |
S/T, pf |
2000 |
|
|
|
Op. 52[I] |
Il nodo di seta – Lirica |
V, pf |
2002 |
|
|
|
Op. 53 |
Tre liriche – I volume |
B, pf |
2000 |
|
|
|
Op. 54 |
Tre liriche – I volume |
T, pf |
2000 |
|
|
|
Op. 55 |
Tre liriche – II volume |
V, pf |
2002 |
|
|
|
Op. 56 |
Tu, che sai… – Lirica |
V, pf |
2002 |
|
|
|
Op. 57 |
Preghiera |
V, pf |
2000 |
|
|
|
Op. 58 |
Vocalizzo |
Br, pf |
1998 |
|
|
|
[Op. 77.III] |
El mar xe calmo – Barcarola |
V, pf |
1932 |
|
|
|
Op. 146 |
O caro Padre – Inno |
V, pf |
1958 |
|
|
|
Op. 156 |
Giro giro tondo |
V, pf |
1940 |
|
|
|
Op. 159 |
Mamma, se non c’eri tu (riel.) |
V bianche, pf |
1990 |
|
|
|
Op. 160 |
Un Fiore per Gesù (riel.) |
V bianche, pf |
1990 |
|
|
|
Op. 161 |
Mammina sto con te (riel.) |
V bianche, pf |
1990 |
|
|
|
Op. 162 |
Un papà di serie “A” (riel.) |
V bianche, pf |
1990 |
|
|
|
Op. 163 |
Grazie a Mamma e Papà (riel.) |
V bianche, pf |
1992 |
|
|
|
Op. 164 |
Quanto è buffo il mio papà (riel.) |
V bianche, pf |
1992 |
|
|
|
Op. 165 |
Regina del Cielo (riel.) |
V bianche, pf |
1992 |
|
|
|
Op. 166 |
Pace è… |
V bianche, pf |
1992 |
|
|
|
Op. 167 |
Musica, Maestro (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 168 |
Io do, tu dai (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 169 |
Io sono il Re (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 170 |
Mi piace Mimì (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 171 |
Chi fa, chi non fa (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 172 |
Il Sole ha perduto la E (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 173 |
Maestro, dacci il La (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 174 |
Si canta, si balla (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 185 |
Vinto dal lungo duolo (riel.) |
T, pf |
2000 |
|
|
|
[Op. 195] |
Lirica |
T, pf |
1956 |
|
|
|
[Op. 217] |
Mamma e Papà (riel.) |
V bianche, pf |
1989 |
|
|
|
[Op. 218] |
Ave Maria (riel.) |
V bianche, pf |
1989 |
|
|
|
[Op. 219] |
I cieli ascoltano (riel.) |
V bianche, pf |
1989 |
|
|
|
[Op. 220] |
Prendimi la luna, papà (riel.) |
V bianche, pf |
1989 |
|
|
|
[Op. 221] |
Canto della Mamma (riel.) |
V bianche, pf |
1989 |
|
|
|
[Op. 222] |
Ti adoro, mio Dio (riel.) |
V bianche, pf |
1988 |
|
|
|
[Op. 223] |
Giocare con papà (riel.) |
V bianche, pf |
1988 |
|
|
|
[Op. 224] |
Di che cosa è fatta la mamma (riel.) |
V bianche, pf |
1988 |
|
|
|
[Op. 225] |
Desideri di un bambino (riel.) |
V bianche, pf |
1988? |
|
|
|
[Op. 226] |
Madonnina tutta bianca (riel.) |
V bianche, pf |
1988? |
|
|
|
[Op. 227] |
Prego perché (riel.) |
V bianche, pf |
1988 |
|
|
|
[Op. 228] |
Un valzer per mamma e papà (riel.) |
V bianche, pf |
1988 |
|
|
|
Musica da camera strumentale
Opera |
Titolo |
Organico |
Anno |
Scheda |
Trascrizione |
Commento |
[Op. 1bis] |
Largo |
ob, pf |
1984 |
|
|
|
Op. 6 |
Concertino |
vl I, vl II, vlc I, vlc II, pf 4 mani |
2001 |
|
|
|
Op. 7 |
Primi passi… sul violino |
vl, pf |
1989 |
|
|
|
Op. 8 |
Primi passi… sul violino |
vl, pf |
1990 |
|
|
|
Op. 9 |
Largo |
vl, pf |
1994 |
|
|
|
Op. 10 |
Sine titolo (riel.) |
vl/fl, pf |
1989 |
|
|
|
Op. 11[I] |
Ave Maria |
vla, pf |
2001 |
|
|
|
Op. 12 |
G. Tartini/Sonata n. 3 (riel.) |
vl, pf |
1988? |
|
|
|
Op. 13 |
G. Tartini/Sonata n. 9 (riel.) |
vl, pf |
1989 |
|
|
|
Op. 14 |
G. Tartini/Sonata n. 10 (riel.) |
vl, pf |
1990 |
|
|
|
Op. 15 |
G. Tartini/Sonata n. 11 (riel.) |
vl, pf |
1989 |
|
|
|
Op. 16 |
G. Tartini/Sonata n. 16 (riel.) |
vl, pf |
1990 |
|
|
|
Op. 17 |
G. Tartini/Sonata n. 25 (riel.) |
vl, pf |
1988? |
|
|
|
Op. 18 |
G. Tartini/Sonata n. 37 (riel.) |
vl, pf |
1988 |
|
|
|
Op. 19 |
G. Tartini/Sonata n. 39 (riel.) |
vl, pf |
1988? |
|
|
|
Op. 20 |
G. Tartini/Sonata n. 40 (riel.) |
vl, pf |
1988 |
|
|
|
Op. 21 |
G. Tartini/Sonata n. 60 (riel.) |
vl, pf |
1988 |
|
|
|
Op. 22 |
Trio |
vl, vlc, pf |
1991 |
|
|
|
Op. 23 |
Fantasia |
2 chit |
1999 |
|
|
|
Op. 23a |
Fantasia |
chit |
1999 |
|
|
|
Op. 24 |
Sonata |
vl, pf |
1936 |
|
|
|
Op. 25 |
Scherzo |
vl, pf |
1938 |
|
|
|
Op. 26 |
Pastorale |
vl, vlc, org |
1930 |
|
|
|
Op. 27 |
Ad Igea Marina |
vl, org |
1930? |
|
|
|
Op. 42 |
Preludio Adagio e Finale |
tr Sib e org |
1989 |
|
|
|
[Op. 77.II] |
Serenata |
vlc, pf |
1932 |
|
|
|
Op. 83a |
In memoriam – Corale |
vl I, vl II, vla, vlc |
2003 |
|
|
|
Op. 94 |
Sonata in Do maggiore |
vla, pf |
2002 |
|
|
|
Op. 95 |
Sigla dell’Univ. Pop. di Treviso |
vl, vla, vlc, pf |
2002 |
|
|
|
Op. 136 |
Mazurka (riel.) |
cl Sib, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 137 |
La Filandera – Marcia (riel.) |
cl Sib, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 138 |
Danubio – Valzer n. 1 (riel.) |
tr Sib/cl Sib, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 139 |
Danubio – Valzer n. 2 (riel.) |
tr Sib/cl Sib, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 140 |
Viva Italia – Polka (riel.) |
cl Sib, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 141 |
Violetta – Polka (riel.) |
cl Sib, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 142 |
Risorta – Marcia (riel.) |
tr Sib, pf |
2000 |
|
|
|
Op. 143 |
Doris – Marcia (riel.) |
cl Sib, pf |
2000 |
|
|
|
Op. 144 |
Sotto la neve – Scottisch (riel.) |
fl, pf |
2000 |
|
|
|
Op. 175 |
Invenzione |
fl/ob, cl Do |
1984 |
|
|
|
Op. 176 |
Trio |
ob, cl Sib, cor Fa |
1986 |
|
|
|
Op. 177 |
Dialogo a 5 |
fl, ob, cl Do, fag, cor Fa |
1990 |
|
|
|
Op. 178 |
Giga per 3 fiati |
ob, cl Do, cor Do |
1949? |
|
|
|
Op. 187 |
Danza |
vl I, vl II, vla, vlc |
1941-42 |
|
|
|
Op. 191 |
Aria |
fl, pf |
1995 |
|
|
|
Op. 193 |
Divertimento modale |
cl Sib, pf |
2003 |
|
|
|
[Op. T/6] |
G. Frescobaldi/Aria (riel.) |
vl, orch d'archi |
1938 |
|
|
|
[Op. T/7] |
L. Perosi/Prologo (riel.) |
vl I, vl II, vlc, org |
? |
|
|
|
[Op. T/8] |
Miscellanea Autori Vari (riel.) |
vl I, vl II, vla, vlc |
? |
|
|
|
[Op. T/9] |
Miscellanea Autori Vari (riel.) |
vl I, vl II, vla, vlc |
? |
|
|
|
Musica sacra vocale
Opera |
Titolo |
Organico |
Anno |
Scheda |
Trascrizione |
Commento |
Op. 48 |
Pater noster |
S, A, T, B |
2000 |
|
|
|
Op. 72 |
Kyrie |
doppio coro |
1943 |
|
|
|
Op. 73 |
Kyrie |
S, Mzs, A, T, B |
? |
|
|
|
Op. 74 |
Christe |
S, Mzs, BrI, II, BI, II |
? |
|
|
|
Op. 75 |
Dominator coelorum |
doppio coro |
1940 |
|
|
|
Op. 76 |
Dixit Dominus |
S, A, T, B |
1930-32 |
|
|
|
Op. 77 |
Laudate pueri |
S, A, T, B |
1932 |
|
|
|
Op. 78 |
Magnificat |
T, B |
1941 |
|
|
|
Op. 79 |
Ave Verum |
S, A, T, B |
1992 |
|
|
|
Op. 80 |
Ave Maria |
S, Mzs, A, T, B |
2002 |
|
|
|
Op. 81 |
Alleluia – Versione A |
S, A, T, B |
1993 |
|
|
|
Op. 82 |
Alleluia – Versione B |
S, A, T, B |
1993 |
|
|
|
Op. 83 |
Corale |
S, A, T, B |
2003 |
|
|
|
Op. 84 |
Jerusalem… – Lauda |
2 V |
1946 |
|
|
|
Op. 85 |
O Jesu mi dolcissime |
S, Mzs, A |
1994 |
|
|
|
Op. 88 |
Et vitam venturi speculi. Amen |
S, A, T, B |
2003? |
|
|
|
Op. 90 |
Laude Spirituale |
S, A, TI, TII, B |
1946 |
|
|
|
[Op. 203] |
Benedictus |
S (C), T I, T II, B |
1962 |
|
|
|
[Op. 208.I] |
Dominus Jesus |
T I, T II, Br, B |
1956 |
|
|
|
[Op. 208.II] |
Tre Antifone |
T I, T II, Br, B |
1956 |
|
|
|
[Op. 208.III] |
Communio Sabato Santo |
T I, T II, Br, B |
1956 |
|
|
|
[Op. 209.I] |
I Salmo di Compieta |
S, T I, T II, Br, B |
1958 |
|
|
|
[Op. 209.II] |
II Salmo di Compieta |
S, T I, T II, Br, B |
1958 |
|
|
|
[Op. 209.III] |
III Salmo di Compieta |
S, T I, T II, Br, B |
1958 |
|
|
|
[Op. 210] |
In Exitu |
S, A, T, B
in falsobordone |
1958 |
|
|
|
[Op. 212.I] |
Vespero della Domenica |
3-4V |
1958 |
|
|
|
[Op. 212.II] |
Vespero della Domenica |
4V? |
? |
|
|
|
[Op. 213] |
Litanie Lauretane |
S, T, B |
[1956?] |
|
|
|
[Op. 231] |
Corale |
S, A, T, B |
? |
|
|
|
Musica sacra per voci e strumenti
Opera |
Titolo |
Organico |
Anno |
Scheda |
Trascrizione |
Commento |
Op. 5 |
Ecce nunc benedicite |
S, T, B, orch, org |
1959 |
|
|
|
Op. 11 |
Ave Maria |
V, pf/harm |
2001 |
|
|
|
Op. 31bis |
Qual mormorio soave |
V, pf |
1944 |
|
|
|
[Op. 37bis] |
Pastorale |
S, org |
1944 |
|
|
|
Op. 43 |
Missa Prima |
S, T, B, org |
1940 |
|
|
|
Op. 44 |
Missa Brevis |
V, org. |
1994 |
|
|
|
Op. 45 |
In manus tuas, Domine… |
TI, TII, B, org |
1942 |
|
|
|
Op. 46 |
Venite Gentes |
S, A, T, B, org |
1985 |
|
|
|
Op. 47 |
Ipsi sum desponsata |
3V bianche, org |
1939 |
|
mancante |
|
Op. 49 |
Ave Maria n° 1 |
V, pf |
1993 |
|
|
|
Op. 50 |
Ave Maria n° 2 |
V, pf |
1993 |
|
|
|
Op. 51 |
Ave Maria n° 3 |
V, pf |
1993 |
|
|
|
Op. 59 |
Alleluja |
SI, SII, A, org |
1943 |
|
|
|
Op. 60 |
Tantum Ergo |
S, T, Br, B, org |
1941 |
|
|
|
Op. 61[I] |
Ave Maria |
Br, org/pf |
1932 |
|
|
|
Op. 61 [II] |
Litanie |
S, A, org |
1932? |
|
|
|
Op. 62 |
Si quaeris… |
S, T, B, org |
? |
|
|
|
Op. 63 |
Missa pro Defunctis |
S, A, T, B, org |
? |
|
|
|
Op. 64 |
O Maria, Astro del ciel |
V, org |
1957 |
|
|
|
[Op. 64.I] |
O bella Maria |
V, org |
1957 |
|
|
|
Op. 65 |
Tu scendi dalle stelle… |
SI, SII, A, org |
1943 |
|
|
|
Op. 66 |
Moduli vari per Litanie (riel.) |
V, org |
? |
|
|
|
Op. 67 |
È l’ora che pia (riel.) |
V, org |
1930 |
|
|
|
Op. 69 |
Acclamazioni al Pontefice |
2-3 V, org |
1942 |
|
|
|
Op. 70 |
Oremus pro Pontefice |
2 V, org |
1942 |
|
|
|
Op. 71 |
Veni Sponsa Christi |
S, A, T, B, org |
1942 |
|
|
|
[Op. 76.II] |
Litanie |
A, T, org |
1932 |
|
|
|
Op. 150 |
Inno a S. Antonio |
V, pf/org |
2003 |
|
|
|
Op. 151 |
Acclamationes |
2 V, org |
1942 |
|
|
|
Op. 179 |
Sedici canti sacri (riel.) |
1-2 V, harm |
1937-38 |
|
|
|
Op. 180 |
Novena dello Spirito Santo (riel.) |
V, harm/org |
1950 |
|
|
|
Op. 181 |
Novena dell’Immacolata (riel.) |
V, harm/org |
1950? |
|
|
|
Op. 182 |
Ave Maria (riel.) |
V, pf |
1994 |
|
|
|
Op. 183 |
Lode a S. Giuliano (riel.) |
V, pf |
1994 |
|
|
|
Op. 184 |
Deus in adjiutorium (riel.) |
2 T conc., 2 T rip., 2 cor, org |
2000 |
|
|
|
[Op. 197] |
Salve Regina (riel.) |
soli, coro, org |
1986 |
|
|
|
[Op. 200] |
Domine ad adjuvandum |
S-A, T, B, org |
1962 |
|
|
|
[Op. 204] |
Alla Madonna delle Vittorie |
V (coro), org |
1943 |
|
|
|
[Op. 205] |
Ave Maria |
S, org |
1934 |
|
|
|
[Op. 206] |
Quando orabas |
A, T, B, org |
1954 |
|
|
|
[Op. 207] |
Te Deum |
S, T, B, org |
? |
|
|
|
[Op. 209.IV] |
Nunc Dimittis - Compieta |
S, T I, T II, B, org |
1958 |
|
|
|
[Op. 209.V] |
Te lucis - Compieta |
S, A, T, B, org |
1958 |
|
|
|
[Op. 211.I] |
Transito di S. Antonio n. 1 |
V, org/harm |
1955 |
|
|
|
[Op. 211.II] |
Transito di S. Antonio n. 2 |
V, org/harm |
1955 |
|
|
|
[Op. 229] |
A. Borroni/Tota pulchra |
S, T I, T II, B, org |
1941 |
|
|
|
[Op. 230] |
Armonizzazione Salmi |
V, org |
1940? |
|
|
|
[Op. 232] |
Vespri della Domenica |
V, org |
1973 |
|
|
|
[Op. T/5] |
F. Schubert/Ave Maria |
V, orch d’archi |
1946 |
|
|
|
Musica profana vocale
Opera |
Titolo |
Organico |
Anno |
Scheda |
Trascrizione |
Commento |
Op. 87 |
Fuga in stile vocale |
S, A, T, B |
? |
|
|
|
Op. 89 |
Les Proverbes de Fenis |
S, A, T, B |
1983 |
|
|
|
Op. 91 |
12 canz. pop. portoghesi (riel.) |
3-4-5 V, pf |
1970 |
|
|
|
Op. 92 a, b, c |
Ol Meitji so wilt tü chùo? (riel.) |
S, A, T, Br, B |
2003 |
|
|
|
Op. 93 |
A Porta Torino (riel.) |
S, A, T, Br, B |
2003 |
|
|
|
Op. 154 |
La riva xe dura |
T I, T II, B |
1957 |
|
|
|
Op. 155 |
Quando le çime |
T I, T II, B I, B II |
1957 |
|
|
|
Op. 157 |
La ciarastela (riel.) |
S, A, T, B |
1988 |
|
|
|
Op. 158 |
Soto le tue finestre (riel.) |
T I, T II, B |
1988? |
|
|
|
Op. 192a, b, c |
Ol Meitji so wilt tü chùo? (riel.) |
T I, T II, Br, B |
2003 |
|
|
|
[Op. 196] |
Todeschi (riel.) |
S, T, B |
? |
|
|
|
Musica profana per voci e strumenti
Opera |
Titolo |
Organico |
Anno |
Scheda |
Trascrizione |
Commento |
Op. 145 |
10 Giugno 1940 |
V, pf/orch |
1940 |
|
|
|
[Op. 145bis] |
10 Giugno 1940 |
V, orch |
1940 |
|
|
|
Op. 147 |
Inno dei Reduci |
V, pf |
1945 |
|
|
|
Op. 148 |
Inno delle Aspiranti di A.C. |
V, org |
1940 |
|
|
|
Op. 149 |
Inno della Gioventù Cattolica |
V, pf |
1936 |
|
|
|
Op. 152 |
Canzone della G.I.L |
V, pf |
1940 |
|
|
|
Op. 153 |
Inno a Spresiano (riel.) |
V, pf |
2000 |
|
|
|
Op. 189 |
Cinquant’anni or sono |
T, pf/org |
2003 |
|
|
|
Op. 189bis |
Cinquant’anni or sono |
S, T, B, pf/org |
2003 |
|
|
|
[Op. T/1] |
W.A. Mozart/Deh, vieni (riel.) |
S, orch d’archi |
1946 |
|
|
|
[Op. T/2] |
J. Brahms/Serenata inutile (riel.) |
S, orch d’archi |
1946 |
|
|
|
[Op. T/3] |
J. Brahms/Ninna Nanna (riel.) |
V, orch d’archi |
1946 |
|
|
|
[Op. T/4] |
S. Donaudy/Aria (riel.) |
V, orch d’archi |
1946 |
|
|
|
Musica vocale sacra e profana
Opera |
Titolo |
Organico |
Anno |
Scheda |
Trascrizione |
Commento |
Op. 86 |
Polifonisti veneti |
3-4 V |
1963 |
|
|
|
Temi vari e abbozzi
Opera |
Titolo |
Organico |
Anno |
Scheda |
Trascrizione |
Commento |
Op. 124 |
Tema con variazioni |
pf/quart. archi/org |
1940-50 |
|
|
|
[Op. 187 bis] |
Quartetto |
vl I, vl II, vla, vlc |
1940 |
|
|
|
[Op. 215] |
Burlesca |
pf |
? |
|
|
|
[Op. R/1] |
Temi varî |
vari |
1986-2004 |
|
|
|
[Op. R/2.I] |
Abbozzi vari / I Tempo |
pf |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.II] |
[Prove Cum Sancto Spiritus] |
? |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.III] |
[Andante mosso. Abbozzo] |
S, A, T, B, org |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.IV] |
[Brioso. Framm.] |
pf |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.V] |
Giornata piovosa [Framm.] |
pf |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.VI] |
L’anima in ginocchio [Framm.] |
V, pf |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.VII] |
Polacca [Framm.] |
pf |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.VIII] |
Tema di Fuga [Framm.] |
? |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.IX] |
Tema per Sinfonia [Framm.] |
? |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.X] |
Kyrie [Framm.] |
4 V?, orch. |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.XI] |
Adagio [Framm.] |
vl, pf |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.XII] |
Sonata [Framm.] |
vl, pf |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.XIII] |
Aria [Framm.] |
vl/fl?, pf |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.XIV] |
[Framm.] |
pf |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.XV] |
Missa [Framm.] |
S, A, T, B, org |
? |
|
bozza incompleta
e non leggibile |
|
[Op. R/2.XVI] |
Canti popolari giuliani |
coro |
1991? |
|
|
|
[Op. R/3] |
G. Sama/Melodia |
vlc, pf |
? |
|
|
|
[Op. R/4] |
Haec Dies [Antifona] |
V |
? |
|
|
|
[Op. R/5] |
Voglio cantar per te |
V, pf |
? |
|
|
|
[Op. R/6] |
Canoni a 3 |
3 V |
? |
|
|
|
[Op. V/1] |
La Chiesa – Oratorio |
Br, B, orch |
? |
|
|
|
[Op. V/2] |
Tregua di Natale |
2 cori, pf |
1942 |
|
|
|
[Op. V/3] |
La Crociata del Santo |
S, T, Br, B, pf |
1949 |
|
|
|
[Op. V/4] |
Progetto per sacra rappr. |
? |
? |
|
dell’opera è presente esclusivamente il testo |
|
[Op. V/5] |
L’Orso – Opera |
S, T, Br, pf/orch |
1950 |
|
|
|
Didattica
Opera |
Titolo |
Organico |
Anno |
Scheda |
Trascrizione |
Commento |
[Op. 188bis] |
Vocalizzi |
V |
1957 |
|
|
|
Op. 188 |
Vocalizzi |
V |
1961 |
|
|
|
Op. 190 |
Brevi esercizi di vocalizzo |
V/pf |
1996 |
|
|
|
Rielaborazioni
Opera |
Titolo |
Organico |
Anno |
Scheda |
Trascrizione |
Commento |
Op. 10 |
O. Marchetti/Sine titolo (riel.) |
vl/fl, pf |
1989 |
|
|
|
Op. 12 |
G. Tartini/Sonata n. 3 (riel.) |
vl, pf |
1988? |
|
|
|
Op. 13 |
G. Tartini/Sonata n. 9 (riel.) |
vl, pf |
1989 |
|
|
|
Op. 14 |
G. Tartini/Sonata n. 10 (riel.) |
vl, pf |
1990 |
|
|
|
Op. 15 |
G. Tartini/Sonata n. 11 (riel.) |
vl, pf |
1989 |
|
|
|
Op. 16 |
G. Tartini/Sonata n. 16 (riel.) |
vl, pf |
1990 |
|
|
|
Op. 17 |
G. Tartini/Sonata n. 25 (riel.) |
vl, pf |
1988? |
|
|
|
Op. 18 |
G. Tartini/Sonata n. 37 (riel.) |
vl, pf |
1988 |
|
|
|
Op. 19 |
G. Tartini/Sonata n. 39 (riel.) |
vl, pf |
1988? |
|
|
|
Op. 20 |
G. Tartini/Sonata n. 40 (riel.) |
vl, pf |
1988 |
|
|
|
Op. 21 |
G. Tartini/Sonata n. 60 (riel.) |
vl, pf |
1988 |
|
|
|
Op. 30 |
N. Rimskij-Korsakov/
Il volo del calabrone (riel.) |
org |
1946 |
|
|
|
Op. 39 |
Aria pop. del paese di Ath (riel.) |
org |
1999 |
|
|
|
Op. 66 |
Moduli vari per Litanie (riel.) |
V, org |
? |
|
|
|
Op. 67 |
È l’ora che pia (riel.) |
V, org |
1930 |
|
|
|
Op. 86 |
Polifonisti Veneti (riel.) |
3-4 V |
1963 |
|
|
|
Op. 91 |
12 canz. pop. portoghesi (riel.) |
3-4-5 V, pf |
1970 |
|
|
|
Op. 92 a, b, c |
Ol Meitji so wilt tü chùo? (riel.) |
S, A, T, Br, B |
2003 |
|
|
|
Op. 93 |
A Porta Torino (riel.) |
S, A, T, Br, B |
2003 |
|
|
|
Op. 102 |
Valzer del Papà (riel.) |
pf |
1989 |
|
|
|
Op. 132 |
Marcia (riel.) |
pf |
1995 |
|
|
|
Op. 133 |
Margherita – Marcia (riel.) |
pf |
1995 |
|
|
|
Op. 134 |
Dolce ricordo – Mazurka (riel.) |
pf |
1995 |
|
|
|
Op. 135 |
Polka (riel.) |
pf |
1995 |
|
|
|
Op. 136 |
Mazurka (riel.) |
cl Sib, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 137 |
La Filandera – Marcia (riel.) |
cl Sib, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 138 |
Danubio – Valzer n. 1 (riel.) |
tr Sib/cl Sib, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 139 |
Danubio – Valzer n. 2 (riel.) |
tr Sib/cl Sib, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 140 |
Viva Italia – Polka (riel.) |
cl Sib, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 141 |
Violetta – Polka (riel.) |
cl Sib, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 142 |
Risorta – Marcia (riel.) |
tr Sib, pf |
2000 |
|
|
|
Op. 143 |
Doris – Marcia (riel.) |
cl Sib, pf |
2000 |
|
|
|
Op. 144 |
Sotto la neve – Scottisch (riel.) |
fl, pf |
2000 |
|
|
|
Op. 153 |
Inno a Spresiano (riel.) |
V, pf |
2000 |
|
|
|
Op. 157 |
La ciarastela (riel.) |
S, A, T, B |
1988 |
|
|
|
Op. 158 |
Soto le tue finestre (riel.) |
TI, TII, B |
1988? |
|
|
|
Op. 159 |
Mamma, se non c’eri tu (riel.) |
V bianche, pf |
1990 |
|
|
|
Op. 160 |
Un Fiore per Gesù (riel.) |
V bianche, pf |
1990 |
|
|
|
Op. 161 |
Mammina sto con te (riel.) |
V bianche, pf |
1990 |
|
|
|
Op. 162 |
Un papà di serie “A” (riel.) |
V bianche, pf |
1990 |
|
|
|
Op. 163 |
Grazie a Mamma e Papà (riel.) |
V bianche, pf |
1992 |
|
|
|
Op. 164 |
Quanto è buffo il mio papà (riel.) |
V bianche, pf |
1992 |
|
|
|
Op. 165 |
Regina del Cielo (riel.) |
V bianche, pf |
1992 |
|
|
|
Op. 166 |
Pace è… (riel.) |
V bianche, pf |
1992 |
|
|
|
Op. 167 |
Musica, Maestro (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 168 |
Io do, tu dai (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 169 |
Io sono il Re (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 170 |
Mi piace Mimì (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 171 |
Chi fa, chi non fa (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 172 |
Il Sole ha perduto la E (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 173 |
Maestro, dacci il La (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 174 |
Si canta, si balla (riel.) |
V bianche, pf |
1996 |
|
|
|
Op. 179 |
Sedici canti sacri (riel.) |
1-2 V, harm |
1937-38 |
|
|
|
Op. 180 |
Novena dello Spirito Santo (riel.) |
V, harm/org |
1950 |
|
|
|
Op. 181 |
Novena dell’Immacolata (riel.) |
V, harm/org |
1950? |
|
|
|
Op. 182 |
Ave Maria (riel.) |
V, pf |
1994 |
|
|
|
Op. 183 |
Lode a S. Giuliano (riel.) |
V, pf |
1994 |
|
|
|
Op. 184 |
Deus in adjutorium (riel.) |
soli, coro |
2000 |
|
|
|
Op. 185 |
Vinto dal lungo duolo (riel.) |
T, pf |
2000 |
|
|
|
Op. 192a, b, c |
Ol Meitji so wilt tü chùo? (riel.) |
T I, T II, Br, B |
2003 |
|
|
|
[Op. 196] |
Todeschi (riel.) |
S, T, B |
? |
|
|
|
[Op. 197] |
Salve Regina (riel.) |
soli, coro, org |
1986 |
|
|
|
[Op. 204] |
Alla Madonna delle Vittorie (riel.) |
V (coro), org |
1943 |
|
|
|
[Op. 217] |
Mamma e Papà (riel.) |
V bianche, pf |
1989 |
|
|
|
[Op. 218] |
Ave Maria (riel.) |
V bianche, pf |
1989 |
|
|
|
[Op. 219] |
I cieli ascoltano (riel.) |
V bianche, pf |
1989 |
|
|
|
[Op. 220] |
Prendimi la luna, papà (riel.) |
V bianche, pf |
1989 |
|
|
|
[Op. 221] |
Canto della Mamma (riel.) |
V bianche, pf |
1989 |
|
|
|
[Op. 222] |
Ti adoro, mio Dio (riel.) |
V bianche, pf |
1988 |
|
|
|
[Op. 223] |
Giocare con papà (riel.) |
V bianche, pf |
1988 |
|
|
|
[Op. 224] |
Di che cosa è fatta la mamma (riel.) |
V bianche, pf |
1988 |
|
|
|
[Op. 225] |
Desideri di un bambino (riel.) |
V bianche, pf |
[1988?] |
|
|
|
[Op. 226] |
Madonnina tutta bianca (riel.) |
V bianche, pf |
[1988?] |
|
|
|
[Op. 227] |
Prego perché (riel.) |
V bianche, pf |
1988 |
|
|
|
[Op. 228] |
Un valzer per mamma e papà (riel.) |
V bianche, pf |
1988 |
|
|
|
[Op. 229] |
A. Borroni/Tota pulchra (riel.) |
S, T I, T II, B, org |
1941 |
|
|
|
[Op. 230] |
Armonizzazioni Salmi (riel.) |
V, org |
[1940?] |
|
|
|
[Op. 231] |
Corale (riel.) |
S, A, T, B |
? |
|
|
|
[Op. 232] |
Vespri della Domenica (riel.) |
V, org |
1973 |
|
|
|
[Op. R/2.XVI] |
Canti popolari giuliani (riel.) |
coro |
[1991?] |
|
|
|
[Op. R/3] |
G. Sama/Melodia (riel.) |
vlc, pf |
? |
|
|
|
[Op. T/1] |
W.A. Mozart/Deh, vieni (riel.) |
S, orch d’archi |
1946 |
|
|
|
[Op. T/2] |
J. Brahms/Serenata inutile (riel.) |
S, orch d’archi |
1946 |
|
|
|
[Op. T/3] |
J. Brahms/Ninna nanna (riel.) |
V, orch d’archi |
1946 |
|
|
|
[Op. T/4] |
S. Donaudy/Aria (riel.) |
V, orch d’archi |
1946 |
|
|
|
[Op. T/5] |
F. Schubert/Ave Maria (riel.) |
V, orch d’archi |
1946 |
|
|
|
[Op. T/6] |
G. Frescobaldi/Aria (riel.) |
vl, orch d’archi |
1938 |
|
|
|
[Op. T/7] |
L. Perosi/ Prologo (riel.) |
vl I, vl II, vlc, org |
? |
|
|
|
[Op. T/8] |
Miscellanea Autori Vari (riel.) |
vl I, vl II, vla, vlc |
? |
|
|
|
[Op. T/9] |
Miscellanea Autori Vari (riel.) |
vl I, vl II, vla, vlc |
? |
|
|
|
E. Il
lascito compositivo di Bruno Pasut (1914-2003)
di
Andrea Oddone Martin
IL
NOVECENTO E LA GENESI DEL PENSIERO MUSICALE DI BRUNO PASUT
Il
Novecento: origine, significato, principali declinazioni artistiche
Il
Novecento è stato un secolo di profonde trasformazioni in tutti gli aspetti
della società occidentale, trasformazioni che per gran parte non sono giunte a
un grado evoluto di compimento a tutt'oggi. Già nel tardo Ottocento, si posero
le basi della crisi novecentesca. In senso internazionale, la Grande Depressione che dal 1873 si
protrasse fino al 1895, mise fine alla spontaneità liberale delle economie e
determinò l'ingerenza dirimente dello Stato nelle questioni
capitalistico-economiche delle nazioni e l'abdicazione a questo ruolo della
borghesia illuminata, che era stata il fulcro del progresso civile, economico e
artistico-culturale del periodo centrale ottocentesco. La fine dell'Ottocento
corrispose alla fine dell'età imperialistica, che venne sostituita da un nazionalismo diffuso, sostenuto dall'evoluzione dei mezzi di
comunicazione e sempre più influente nella quotidianità della popolazione
europea.
La
scienza si inoltrò in intuizioni che, successivamente
confermate in via sperimentale, avrebbero diffusamente mutato la visione del
mondo di qualsiasi persona. Ernest Rutherford, teorizzò euristicamente alla
fine dell'Ottocento particelle dell'atomo ancor più piccole di quelle
conosciute fino ad allora, e fu l'inizio di una serie
di scoperte che riguardarono ogni campo del mondo fisico come del pensiero,
rivoluzionandone il rapporto con il mondo. Non ultima, la dimostrazione freudiana delle entità inconsce, che pose fine alla certezza
della determinazione su base volontaristica del positivismo ottocentesco, e aprì le coscienze all'insicurezza delle proprie
percezioni e reazioni comportamentali, nei confronti di una realtà circostante
sempre più inafferrabile con certezza.
Nei
primi anni del Novecento, la fisica quantistica di Max Planck, le riflessioni sulla natura del tempo di
Albert Einstein, i teoremi di indeterminazione di Werner Heisenberg e i teoremi di
incompletezza e indecidibilità di Kurt Gödel, posero
le basi per la formalizzazione di un pensiero esistenziale che escludeva nei
fondamentali la possibilità di un rapporto di conoscenza definita e definitiva
del mondo fisico e mentale.
L'epilogo
drammatico di un occidente in crisi comprende il trentennio tra il 1914 e il
1945 e si polarizza nei due principali conflitti mondiali i quali svelarono
alle più ampie coscienze l'orrore dell'umanità: nel primo per l'entità
sconsiderata della carneficina e nel secondo per le modalità ideologiche con la quale nuovamente la si giustificava. Lo sgomento fu totale,
crollava definitivamente la persuasione positiva investita collettivamente
nella scienza come rigenerazione razionale ed esauriente del mistero della
vita, opposta alle superstizioni religiose, e come premessa e fondamento di una
nuova e armonica convivenza tra gli uomini.
A
causa di tali fatti – e delle premesse a tali fatti – la seconda metà del Novecento si spenderà, perseverando tutt'oggi,
nella spasmodica e variamente molteplice ricerca di riferimenti certi e
fondativi in tutte le proprie indagini evoluzionistiche ed esistenziali, in
questo modo denunciando se non altro la consapevolezza (certa, questa volta)
della definitiva fragilità nell'intenzione positivistica e della strutturale e
problematica precarietà dell'uomo e della propria coscienza.
Le
arti furono, come sempre, la cartina di tornasole di codesta evoluzione e, fin
dalla fine dell'Ottocento, testimoniarono a loro modo l'avvicendarsi degli
importanti mutamenti in atto in nome, in primo luogo, non più del sentimento
della realtà come mistero ma come scoperta della nuova e più reale dimensione
spirituale dell'uomo, anteriore alla razionalità e definita dalle forze
dell'inconscio e dell'istinto, delle forze oscure del subcosciente e dei limiti
della percezione cognitiva.
A partire dall'Impressionismo pittorico che si schierava
apertamente contro l'accademismo imperante, il fenomeno europeo che incarnò e
si prese il compito di denunciare la sfiducia che cresceva progressivamente
verso gli aspetti ideologici del positivismo si identificò nella corrente del Decadentismo ed ebbe in Francia il
polo generatore. Il ruolo guida del movimento fu assunto dalla letteratura con
esponenti quali, tra gli altri, Paul Verlaine, Charles Baudelaire, Stéphane Mallarmé ed ebbe delle inevitabili ricadute su
tutte le altre arti, compresa la musica che era allora dominata dalle posizioni
accademiche ufficiali. L'influsso rivoluzionario musicale originò dall'opera di
Richard Wagner e fu il volano che, per relazione diretta e critica generò in
diversa qualità e misura il pensiero musicale di Claude Debussy, Maurice Ravel, Eric Satie,
le Six parigini, musicisti e artisti che nei
successivi tempi si influenzarono reciprocamente sulle necessità e sugli esiti
della loro creatività, ponendo le basi per il modernismo musicale. Jean Cocteau fu l'intellettuale che
formalizzò con il manifesto Le coq et l'arlequin gli intenti artistici del primo Novecento francese. I Balletti russi di Diaghilev riunirono artisti, come Picasso o Stravinskij,
che spinsero la sperimentazione novecentesca nella direzione della propria
futura realizzazione. Simbolismo, Surrealismo, Dadaismo, in Italia il Futurismo furono alcuni tra i
movimenti più celebri che identificarono il fervore interventista di un'intera
epoca nella presa di coscienza critica e profonda.
È
chiaro il momento di cesura e transizione che fu costituito dagli esiti
dell'attività artistica complessiva tra la fine dell'Ottocento e il primo
ventennio del Novecento. Il completo spaesamento dell'impegno artistico si
generò nella propria necessità creativa in due tipici atteggiamenti
complementari. Il primo, nella messa in discussione dei valori ottocenteschi:
si cercava in un passato più o meno arcaico una sorta
di genuinità primigenia, che si manifestava nella ripresa di moduli antichi
quali, ad esempio, nella musica l'universo espressivo di carattere modale o il
portato linguistico del canto gregoriano, oppure in pittura il formalismo
antropomorfico africano e tribale. Il secondo, uno sperimentalismo il più
svincolato dalla consolidata tradizione di linguaggio, come ad esempio per
l'arte pittorica il Cubismo o l'Espressionismo dei Fauves oppure, per l'arte musicale, le provocazioni sonore dell'avvento meccanico:
motori di aerei, colpi di pistola, futuristici 'intonarumori',
etc.
La
frenetica evoluzione tecnologica contribuì incessantemente a fornire nuove
possibilità di produzione sonora (elettroacustica ed elettronica, ma anche
l'avvento di nuovi strumenti musicali che si guadagneranno man mano una buona parte di letteratura come, ad esempio, il saxofono
brevettato nel 1841) e di riproduzione sonora (rulli cerati, supporti di incisione
e apparecchi per la diffusione), ponendo così le basi per un dibattito sul
valore dell'arte nella possibilità di essere riprodotta serialmente. Per la
musica, non ci si può esimere dal citare l'importante
attività della Seconda Scuola di Vienna che, attraverso l'impegno del suo
fondatore Arnold Schönberg e dei suoi adepti Alban Berg e Anton Webern, definì il progresso del linguaggio musicale di
parte tedesca per sfociare nell'atonalismo dell'opera Erwartung (Arnold Schönberg,
1909) e, dopo ben 14 anni, nella successiva proposta della Dodecafonia del 1923. Dunque,
un'intera epoca di profondi cambiamenti nella coscienza collettiva e nell'arte,
trasformatisi successivamente nelle ancor più varie
istanze del post-moderno alla
quale l'Italia, dopo l'esperienza futurista, prese parte in maniera laterale,
discosta, isolata dalla particolare situazione politico-economica e culturale
che ne inibiva l'internazionalità. Un'internazionalità appannaggio di poche
individualità dal profilo personale spiccatamente europeo.
Il
primo Novecento musicale in Italia
Bruno Pasut, musicista nato nel 1914 a
Spresiano, piccolo centro della prima periferia di Treviso, visse nella sua
interezza il Novecento, dal primo quarto del secolo fino alle soglie compiute
del XXI secolo, in un'attività poliedrica, prolifica e continuativa.
Per comprendere meglio il contesto nel quale Bruno Pasut ha conseguito la propria formazione e ha consolidato
la propria carriera artistica è necessario identificare ulteriormente i
prodromi della situazione culturale italiana dell'epoca precedente e
corrispondente al quarantennio iniziale del Secolo breve (definizione
derivata dal titolo di un saggio dello storico inglese Eric Hobsbawm del 1994).
L'internazionalità
della crisi decadente europea venne mediata (e
possiamo dire, ridimensionata) in Italia unicamente dalla letteratura, genere
artistico principe assoluto e unico, solingo nel culto dei classici latini e
greci, del sommo Alighieri, nelle espressioni prima di Giosuè Carduccci, poi di Giovanni Pascoli e Gabriele d'Annunzio,
impregnati di un sentimento di riscatto nazionalistico. Un impegno artistico
dai precisi riscontri nel Decadentismo europeo, ma che si svilupperà in una
direzione complessivamente diversa, in cui la consapevolezza della crisi della
società e dell'uomo contemporaneo viene trascesa da
una poetica di miti solari, di ingenuità infantili, da vitalismi scattanti. Lo Spiritualismo, il Decadentismo, il Simbolismo europei vennero in
qualche modo filtrati da una cultura della mitigazione, negati nella loro
essenza negazionista verso i falsi miti e certezze facilmente individuabili.
Letteratura
e musica in Italia furono e sono fra loro storicamente indifferenti, i
letterati ottocenteschi ostentavano indifferenza verso l'arte dei suoni; successivamente (risale al 1902 l'Estetica di
Benedetto Croce) la musica viene deliberatamente esclusa dalle problematiche
artistiche, tutte aderenti alla letteratura. L'unico genere musicale preminente
nell’Ottocento e alle soglie del Novecento italiano era quello operistico,
forte della presenza dell'opera affermatissima di Giuseppe Verdi e dell'opera teatrale in generale. Anche l'effetto estrusivo e
polemico dell'arte di Wagner, che tanta parte ebbe in
Europa nell'accendere riflessioni teoriche e artistiche a ogni livello, in
Italia venne riassorbito e complessivamente ridimensionato.
Perfino
la polemica partigianeria popolare che si creò nella rivalità tra Verdi e
Wagner cessò una volta che i diritti delle esecuzioni e quelli editoriali
furono assorbiti da Ricordi nel 1888. L'opera di Wagner in Italia perse
completamente la propria energia rivoluzionaria intrinseca per contribuire
invece nell'ampliamento delle tecniche sceniche e drammaturgiche, musicali e tematiche nei libretti. Dall'assenza ottocentesca della
tradizione sinfonica italiana si assistette alla ripresa del
genere negli ultimi anni del XIX secolo. Direttori
compositori quali Giuseppe Martucci e Luigi Mancinelli si misero a capo
di formazioni orchestrali riconsiderando repertori wagneriani, parti sinfoniche
di opere e, ovviamente, il repertorio sinfonico per antonomasia, quello tedesco
costituito da Beethoven, Brahms, Schubert,
Mendelssohn, Schumann.
Dunque,
la coscienza critica della crisi decadente viene riveduta in Italia, un'Italia
pregna del realismo verdiano e dell'impegno verista, e riproposta sotto forma
di raffinata estetizzazione, dove la letterarietà di
libretti in ambientazioni medievali e rinascimentali, con tanto di riutilizzi
stilistici nelle tecniche compositive e riferimenti simbolici, è al servizio
non di un teatro ‘di idee’ o ‘di miti’ ma di un teatro
pervaso di sentimentalismo e commozione. In tutto ciò
accompagnata dalla progressiva importanza e popolarità che assunsero
gradualmente alcuni generi ‘di evasione’ assimilabili all'operetta, ingenue
esaltazioni della tecnica, delle scoperte geografiche e delle invenzioni, e dei
generi più legati a una italianità caratteristica, come quella della canzone
napoletana, divenuti successivamente generi da esportazione al seguito della
mole immigratoria che conseguì al drammatico impoverimento del meridione
agrario italiano a cavallo dei secoli in questione.
Alla
vigoria e all'intraprendenza operistica italiana tra Otto e Novecento
corrispondeva la mancanza di ogni specie di riflessione teorica e storica
dell'esperienza musicale, a differenza di quanto accadeva da
tempo in Germania e Francia. Negli ordinamenti istituzionali musicali
non erano previste discipline umanistiche e scientifiche che non fossero quelle
di un'esigua base elementare e, in una perfetta simmetria, nelle università
italiane mancava anche la minima cognizione dell'esistenza stessa della musica. Una sofferenza tanto profonda da costituire ancor oggi una
problematica aperta, seppure parzialmente ridimensionata. Un'Italia culturalmente
frastagliata, formata da isole di impegno artistico
che dimostrano indifferenza reciproca e ancor più renitenza al confronto
impegnato e all'integrazione, segno inequivocabile di una debolezza politica e
sociale congenita.
Dagli
sforzi autonomi, protratti fin dagli anni Ottanta dell'Ottocento, di una serie
di personalità individuali, soprattutto bibliotecari di istituzioni
musicali, sulla scia delle esperienze tedesche, si giunse alfine nel 1908 alla
costituzione dell'Associazione di Musicologi Italiani (AMI) con missione di
rimedio allo stato di abbandono delle fonti musicali italiane. Essa rappresentò
il primo grande impegno di catalogazione del patrimonio musicale italiano, di
cui l'associazione curò anche la divulgazione scientifica nel Bollettino bibliografico,
tra il 1909 e il 1941. Uno sforzo che incontrò numerosi ostacoli interni, nella
stessa categoria dei nuovi musicologi, che provocò spaccature e nuovi ritardi. Anche le risposte del Ministero alle
richieste della costituenda associazione furono esili e insignificanti, mentre
al contempo veniva istituita la prestigiosa Accademia
d'Italia, espressione diretta del governo fascista con funzione di dirimere le
principali ideologie della cultura italiana. Congrega dove la musica verrà ancora rappresentata da esponenti principalmente operisti,
quali Pietro Mascagni e Francesco Cilea confrontati
debolmente da don Lorenzo Perosi e Ildebrando
Pizzetti.
Nonostante
tutto, ci fu un rinnovato fervore nella riscoperta e rivisitazione delle
musiche antiche italiane che si riversava in un'editoria appassionata ed
entusiasta, complice un nazionalismo di riscatto. Alcuni esempi: nel 1907 Luigi
Torchi (il maestro di Ottorino Respighi) diede alle
stampe la raccolta Arte musicale in Italia nei secoli XIV-XVIII; uscì
per le edizioni Ricordi la raccolta completa delle Sonate di Domenico
Scarlatti; nonostante i limiti di una filologia dubbia, sostenute da patrocini
altisonanti (ad esempio quello del vate D'Annunzio). Queste prime imprese
editoriali ponevano le basi per le opera omnia di Giovanni Battista
Pergolesi (canto e pianoforte, dal 1935) e, sotto la supervisione di Gian
Francesco Malipiero, di Claudio Monteverdi (tra il 1920 e il 1927).
Nella
primavera del 1947 nasce l'Istituto
Italiano Antonio Vivaldi, la cui direzione artistica viene affidata a Malipiero in collaborazione con l'editore Ricordi. Le primigenie
attività editoriali e musicologiche alimentarono le esecuzioni musicali ma,
nonostante gli entusiasmi crescenti, nessuna cattedra di musicologia era ancora
presente nelle istituzioni musicali italiane e qui, grazie all'esigenza
nazionalista di rivalutare il patrimonio musicale italiano del glorioso
passato, entrò nel merito il regime fascista che apportò una fondamentale revisione degli ordinamenti formativi ufficiali. Per
significare la prontezza degli aggiornamenti istituzionali italiani sia
sufficiente notare che tali provvedimenti promulgati
dal regime fascista stanno ancor oggi faticosamente (a più di 70 anni) per
essere sostituiti da nuovi ordinamenti.
La
formazione musicale di Bruno Pasut
I
primi passi della formazione musicale di Bruno Pasut si collocano anche in questo preciso contesto, dove la
neonata revanche storica nazionale conteneva la propria necessità
giovane e genuina. Egli si trovò subitamente inserito in una fase
professionalmente operativa nella collaborazione svolta a fianco di monsignor
Giovanni d'Alessi (1884-1969), il quale individuò nel giovane organista
l'attenzione e la cura della prassi trascrittoria musicale e lo coinvolse direttamente nella redazione delle sue importanti revisioni di musica antica. Infatti, l'attività musicologica
di monsignor d'Alessi, inserita nel complesso ordine di attività nel contesto del Movimento
Ceciliano e in rapporto alle direttive del motu proprio papale sulla musica sacra di cui si dirà poco oltre, venne diretta
a ricerche di archivio sui compositori veneti e in particolare su quelli attivi
in Treviso, ricerche che ebbero importanti esiti tra i quali La Cappella
musicale del Duomo di Treviso (1300-1633) nella quale viene posto in luce,
percorrendo una ricca documentazione costituita dal censimento dei maestri e
delle loro composizioni, nomi di organari, organisti, strumentisti e cantori,
un centro provinciale dalla vita musicale intensa; e due volumi antologici di
revisione sul moderno modello interpretativo, Antologia quinta vocalis liturgica LIII cantus sacri auctorum saec. XVI et
XVII paribus vocibus hodierno usui editi e Antologia sexta… LI cantus…,
editi in Torino nel 1928.
Risulta altresì rilevante la sua
opera di trascrizione nell'opera Andrea Gabrieli,
Musiche di chiesa da 5 a 16 voci comparse ne I Classici musicali
italiani, volume V del 1942. Bruno Pasut collaborò attivamente a quest’opera di revisione/trascrizione,
in una pratica di formazione che si rivelerà determinante nelle successive
scelte professionali della maturità (ne ritroveremo una selezione al numero d'opus 86 del 1963).
Per
comprendere in maniera più completa la varietà specifica dell'ambiente musicale
che Bruno Pasut si trovò a frequentare durante
il periodo tra il 1925 e il 1946, che costituisce il fondamento della propria
formazione musicale, è necessario un accenno al Movimento Ceciliano e al motu proprio che papa Pio X emanò nel 1903 e
che fu oggetto successivamente, nel 1920, di un
autorevole e più volte edito Commento illustrativo al motu proprio, nel quale l'autore monsignor D'Alessi si rivela severo interprete
delle norme pontificie, ampliando certamente lo stesso pensiero papale in
merito.
Il
Movimento Ceciliano prese l'avvio con la costituzione a Milano nel 1880
dell'Associazione Italiana Santa Cecilia (AISC) per iniziativa di un gruppo di
pionieri decisi a porre fine alle sconvenienze a cui si era prestata allora la musica di chiesa. Tali sconvenienze si realizzavano
nella spettacolarizzazione a cui erano sottoposti i
riti religiosi sull'onda del successo pervasivo che raccoglievano nella società
italiana le musiche e le arie d'opera. Avvincenti e suggestivi numeri d'opera sostituivano progressivamente l'esecuzione di significativa
musica liturgica durante celebrazioni e riti, al punto da esautorarne la
presenza. Una richiesta sempre più imperativa che culminò, appunto, nel 1903 al motu proprio succitato, il quale assumeva e ufficializzava le istanze del cecilianesimo e imponeva a tutta la Chiesa la riforma della
musica liturgica nei suoi valori principali di riferimento.
Tra
il 1903 e il 1960 il movimento, nella propria spinta restauratrice e allo stesso tempo riformatrice, divenne il referente principale
nella Chiesa per il settore specifico del canto liturgico, riuscendo a plasmare
generazioni intere di compositori, di organisti, di maestri di canto e di
cantori e producendosi, inoltre, in una fervente attività editoriale tra
pubblicazioni di divulgazione (fra le quali, il celebre Bollettino ceciliano fondato nel 1905 e distribuito capillarmente) e musicali di numerosi editori
indipendenti. Gli esiti del Concilio Vaticano II, che si tenne tra il 1963 e il 1965, segnarono una crisi profonda dell'AISC e quando,
per interessamento di papa Paolo VI, si ristabilì la centralità dell'attività
del movimento ceciliano, esso risorse ammantato da una patina di anacronismo
che ne offuscò la percezione e, in definitiva, la funzione per il futuro a
venire.
Gli
intenti del cecilianesimo fecero fin dall'inizio da ulteriore riferimento per l'attività musicale di Bruno Pasut, nella quale la musica liturgica, nella
composizione quanto nella direzione musicale della cinquecentesca Pontificia
Cappella Musicale Antoniana, assunta fin dal 1946 e mantenuta fino alla sua
definitiva chiusura nel 1969, occupò una parte importantissima e
imprescindibile. Ma non unica. Successivamente alla formazione condotta a Treviso presso l'Istituto musicale Francesco Manzato fin dal 1930, al servizio di organista in varie
parrocchie, che continuerà progredendo, e come trascrittore di musica antica
nell'attività del monsignor D'Alessi, Bruno Pasut inizia nel 1934 la frequentazione del maestro Gabriele Bianchi presso il
Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, diplomandosi nei corsi di Composizione e Musica Corale e Direzione
di Coro nel 1942.
Sono
di poco precedenti a quest'epoca le stesure dei primi numeri d'opera
dell'attività compositiva di Bruno Pasut.
Un'attività compositiva che non costituisce un versante privilegiato in tutta
la sua professione musicale, variamente declinata soprattutto nell'ambito della
formazione, della direzione e del concertismo. Pur collaterale, essa si rivela
allo stesso tempo il luogo dove si origina e si conferma
la qualità di quella complessa, varia e impegnata professione. Un pensiero
musicale originario che, una volta maturato, Bruno Pasut non abbandonerà mai rivivendone artisticamente dall'interno le rivoluzioni
culturali e sociali del primo dopoguerra e del secondo Novecento italiano.
La
frequentazione dei corsi superiori al conservatorio di Venezia, diretto dal
1939 al 1952 da Gian Francesco Malipiero, ma soprattutto il fertile contatto
con un maestro come Gabriele Bianchi (1901-1974), allievo a sua volta di
Malipiero, ebbe un impatto definitorio nella formazione del pensiero musicale
di Bruno Pasut. Infatti, gli insegnamenti del
maestro Bianchi furono rivolti agli allievi nella consapevolezza che l'opera
d'arte debba possedere un carattere di necessità, fondarsi cioè su un sistema
di valori. Il fondamento del compositore si doveva ricercare in una dimensione
ideo-logica, ossia etico-religiosa prima ancora che estetica, ovvero di pura elaborazione formale tesa all'espressione del bello. In questo senso, l'utilizzo degli elementi formali e grammaticali
di un linguaggio arricchito e sintetizzato nel corso dei secoli dal portato
culturale della tradizione e perciò altamente significativo in sé medesimo, diventa per Bruno Pasut un principio artistico irrinunciabile. Gli insegnamenti del maestro Bianchi
confermarono la perfetta aderenza allo spirito dell'epoca, inserendosi compiutamente
nell'arco del Novecento storico di cui riflesse gli entusiasmi, gli slanci,
l'esigenza del nuovo connaturato al legame con la tradizione. Del resto, dal
contatto dirompente con Malipiero, Bianchi verrà informato e guidato su tutte le novità e sui movimenti artistici della nuova
musica in Europa e degli sviluppi italiani.
Per Bruno Pasut, questa frequentazione costituiva
il contatto con il livello massimo dell'attualità musicale italiana dell'epoca.
Ricordiamo il fondamentale ruolo riformatore assunto da Malipiero – con
Alfredo Casella una di quelle personalità dal profilo particolarmente europeo cui
si accennava in precedenza – assieme agli altri compositori costituenti
la cosiddetta Generazione dell'Ottanta:
Ottorino Respighi, Ildebrando Pizzetti e, appunto,
Alfredo Casella. Essi, onorando contemporaneamente la tradizione, soprattutto
Pizzetti, Malipiero e Respighi, perseguirono una via
italiana di rinnovamento, uno ‘stile italiano moderno’
in modesta derivazione al modernismo internazionale. Uno stile nel quale, come
affermava il direttore, compositore e critico musicale coevo Giulio Cesare
Gedda «si intravedevano le qualità essenzialmente latine,
gli indizi assai profondi di quel rinnovamento salutare della musica italiana:
serenità e chiarezza, ma anche linearità intesa nel senso della chiarezza del
movente espressivo, sia esso melodico, ritmico e anche timbrico; abbandono
sincero all'istintivo senso melodico che germoglia libero e sereno dal cuore
italico; rinunzia volontaria al cromatismo armonico per una decisa preferenza
al diatonismo, espresso talvolta in una forma di sovrapposizione di tonalità un
po' rozze, che però nulla risente del senso assimilatore e negatore della
tonalità che è il cromatismo supermodulante (la
dodecafonia schönberghiana). In questo è l'essere
nell'espressione dell'arte di Malipiero, assai caratteristico del pensiero
moderno».
Gabriele
Bianchi non accondiscese alle richieste ufficiali che nei difficili anni
precedenti la seconda guerra mondiale venivano rivolte
ai musicisti italiani: produrre musica sana, positiva, costruttiva,
mediterranea. Si rifugiò semplicemente nel proprio mondo ideale, impartendo i
propri insegnamenti e restando però sempre fedele agli indirizzi della scuola malipieriana, fra i quali ad esempio lo strumentale fondato
sulla purezza dei timbri dissociati e sulla libertà dello svolgimento tematico. Si tratta di una posizione che, in tutte le sue
inflessioni, l'allievo Bruno Pasut assimilerà
profondamente e manterrà in tutta la propria carriera musicale. Ritroveremo
costantemente nella sua opera compositiva i tratti salienti delle definizioni
appena esposte, insieme ad alcune rare partiture che,
seppur non raggiungendo mai la sintesi completa di un pensiero musicale
originale e alternativo, nei loro tentativi denunciano la presenza di un
atteggiamento conscio e non estraneo alle più profonde incognite dello spirito
novecentesco e alla necessità di paventare diverse soluzioni in ambito
artistico.
Probabilmente,
se la professione artistica svolta prevalentemente in ambito formativo,
concertistico e di servizio liturgico avesse potuto lasciar maggior spazio alla
realizzazione evolutiva del proprio pensiero compositivo, Bruno Pasut avrebbe affrontato compiutamente alcune
problematiche linguistiche evolute del Novecento, alla soglia delle quali si è certamente affacciato.
BRUNO
PASUT COMPOSITORE
L'intero corpus compositivo di Bruno Pasut copre un arco temporale compreso tra il 1930 (op.
67, op. 76c, op. 26, op. 27) e il 2003 (op. 192, op. 93, op. 92, op. 150, op.
88, op. 189, op. 189 bis, op. 83a, op. 194, op. 83, op. 193). Tra gli anni '50
e gli anni '80 del Novecento, il musicista sospende in
pratica l'attività di scrittura, oberato dagli innumerevoli e impegnativi
vincoli professionali. Ma riprende subitamente in occasione dell'alleggerimento
dovuto al congedo pensionistico dal conservatorio.
Considerato
nella sua interezza, il lascito di stesura e compilazione musicale di Bruno Pasut fa notare una particolare percentuale di attività
revisoria e di trascrizione che affianca costantemente l'attività compositiva.
Nella composizione, prevale complessivamente una scrittura devoluta al
pianoforte/organo, all'organico cameristico in genere, agli ensemble vocali soprattutto del contesto liturgico mentre sono
rarissime le composizioni per organici allargati quali l'orchestra (op. 1, op.
2, op. 4, op. 145 bis). Possiamo valutare la composizione operistica come assente,
nonostante la presenza di un unico abbozzo incompiuto del 1950 sul testo
teatrale in atto unico di Anton Cechov dal titolo L'orso.
Ma al di là di una pur utile distinzione in generi
musicali, possiamo identificare complessivamente quattro categorie ‘di finalità’
verso le quali si orienta generalmente di volta in volta la composizione di Bruno Pasut e nelle quali è stato suddiviso tutto il corpus compositivo del
maestro. Quattro categorie ordinate cronologicamente, avviate mediante una
selezione orientativa e comunque perfezionabile, che ci aiuteranno a
comprendere la qualità e il grado di possibile affrancamento da ruoli
particolari che ciascuna opera è in grado di
esprimere, individuando tra esse le più genuinamente legate a un'intenzione
compositiva precisa.
Allegato A: sono state raggruppate le composizioni finalizzate a scopi di studio, anche scolastico, a commissioni di varie istituzioni (scuole, gruppi di appartenenza sociale, etc.), alla partecipazione di concorsi.
Allegato B: raggruppa le composizioni a indirizzo e scopo professionale religioso nel campo del sacro e della liturgia.
Allegato C: riunisce le composizioni che Bruno Pasut realizza con finalità didattica, prevalentemente rivolta al mondo dell'infanzia.
Allegato D: raggruppa le opere dove l'intenzione compositiva viene legata maggiormente a un'espressione personale,
alle vicende della propria vita, personale e famigliare, in una dimensione dove
la finalità coincide particolarmente con una scelta di elaborazione musicale.
ALLEGATO
A
In questa sezione sono
comprese le opere che sono state composte per delle finalità professionali di
carattere profano, come ad esempio la Canzone della Compagnia Trevigiana
della G.I.L. (op. 152 del 1940), oppure la Fantasia per chitarra (op. 23 del 1999), o anche le armonizzazioni di canzoni destinate
a un complesso vocale Soto le tue finestre e La ciarastela (rispettivamente, op. 158 e
op. 157 del 1988); ma anche, come si vedrà, composizioni scritte per
confrontarsi in fase di studio con una particolare forma musicale o con lo
stile di un autore di riferimento quali ad esempio il Preludio (omaggio
a Debussy, op. 35/110 del 1939), la Suite (omaggio a Bach, op. 127 del 1939), oppure la Sonata (in stile di
Scarlatti, op. 123 del 1941.
Vi sono composizioni scritte
in funzione della partecipazione a dei concorsi, quali il Largo per
orchestra d'archi (op. 4 del 1940) e il Madrigale e
Danza per orchestra d'archi (op. 2 del 1939), oppure per particolari
ricorrenze come la Sigla dell'Università Popolare di Treviso (op. 95 del
2002). In questi frangenti la composizione si mantiene generalmente su criteri
di corrispondenza professionale o scolastica per cui, nel caso di una dedica di
studio a un autore la composizione seguirà i dettami stilistici formulati da quel
particolare autore come, nel caso di una composizione vocale profana,
all'interno della prassi compositiva verrà perseguita
la maggior aderenza d'effetto al testo di cui è costituita oppure, nel caso
dello studio di una forma, se ne seguiranno programmaticamente le indicazioni
strutturali, ad esempio il Corale e variazioni (op. 122 del 1987).
Inno
della Gioventù Cattolica Italiana op. 149 (1936)
Brano di carattere corale
benché monodico, con accompagnamento di pianoforte. Si sviluppa in tre parti la
cui prima [A] inizia su un marziale 2/4 e si produce
in un'introduzione di undici battute sulla regione di dominante del Mi bemolle maggiore,
caratterizzate fortemente da una figura ritmica evocante degli squilli di
tromba. La melodia al canto appare alla tredicesima battuta (preceduta da un Si
bemolle anacrusico) e si manifesta costituita da
sezioni che si rispondono reciprocamente. Il profilo melodico si attaglia agli
stilemi retorici dell'epoca, richiamati vigorosamente dai contenuti del testo.
L'accompagnamento sostiene limpidamente la melodia quando, in corrispondenza
della batt. 25 e sensibile a un richiamo di battaglia nel testo, si produce un'armonia
minore disposta in maniera dissonante fino a sciogliersi nel ripresentarsi
degli squilli di tromba da batt. 34 a batt. 39.
Squilli che introducono la seconda parte [B] su un più dinamico e mosso
3/4, dove rincontriamo la prima melodia, lievemente variata, alle quali
rispondono delle frasi che non contengono riferimenti alla battaglia ma
all'autocelebrazione dell'inevitabile vittoria. Ragion per cui le dissonanze
che incontriamo nella condotta delle parti rivestono ora la funzione di rendere più graduale e appagante l'elevazione vittoriosa.
La terza parte [C] inizia a batt. 48
e si presenta come una variazione della sezione [B]. In questo frangente viene ritornellata per raggiungere la cadenza di chiusura che
ricorda, nel raggiungere un’ideale circolarità formale, la divisione ritmica
degli iniziali squilli di tromba.
Scherzo
op. 25 (1938)
Brano cameristico per violino
e pianoforte in Mi maggiore; inizia con una linea del violino che ribadisce la nota Si (quinta di Mi) in varie ottave,
ostinato che si scioglie in un breve profilo melodico che perdura fino a batt. 17. Dalla battuta seguente, il medesimo tema viene esposto dal pianoforte mentre il violino assurge a
strumento d'accompagnamento in un controcanto definito da una linea monotona
fino a riappropriarsi di un profilo melodico principale a batt.
31. A questo punto (batt.
36), tra violino e pianoforte si instaura un gioco di
riprese su un motivo ascendente o discendente di grado congiunto, gioco che
prosegue nello scambio tra gli strumenti fino a batt.
57, dove termina la prima sezione [A].
Dopo il breve interludio
compreso tra batt. 58 e batt. 60, riprende il
dialogo sulla falsariga della prima esposizione, sulle note del Mi maggiore e
del Si settima di dominante per riscoprire il motivo per grado congiunto,
all'inizio discendente e poi discendente. Si può pensare decisamente,
in questo caso, all'esposizione e sviluppo di due temi antagonisti della forma
sonata di beethoveniana ascendenza. Del resto, questo Scherzo deve certamente
la sua genesi dallo studio dello Scherzo sinfonico di Beethoven. A batt. 88
si modula completamente, inoltrandoci in un episodio fugato che da batt. 107 si ritornella (anche in
questo frangente, memorie beethoveniane s'impongono). Fugato che riprende
sviluppandosi a batt. 109, sviluppo ritornellato anch'esso da batt. 132. La ripresa avviene a batt. 134
nella reiterazione della nota Si al pianoforte su vari registri di altezza e
fino a batt. 142, segue un interludio pianistico
sulla base del precedente incontrato tra batt. 58 e batt. 60. A questo punto viene riepilogata l'intera partitura, fino all'episodio conclusivo in cui ci si riappropria
della tonalità d'impianto (Mi maggiore) e in cui il compositore, prima di
chiudere, ripropone in versione stilizzata i meccanismi melodici degli arpeggi
aperti e delle successioni ascendenti e discendenti per grado congiunto
caratteristici del primo e del secondo tema.
Preludio
(omaggio a Debussy) op. 35/110 (1939)
Tutti gli stilemi
dell'impressionismo debussyano sono stati assimilati
e si riuniscono in questo pezzo pianistico di studio. Il particolare rapporto
di gusto francese con la ricerca sonora, la timbrica nello strumento, le
armonie modali, le quinte vuote, tutti stilemi che ritroviamo celebrati in
questa composizione dedicata a Debussy.
Suite
(omaggio a Bach) op. 127 (1939)
Raccolta di danze antiche per
pianoforte sul modello delle raccolte bachiane, composta probabilmente con
l'intenzione di suggellare uno studio giunto a un grado di maturità. Allemanda,
Corrente, Gavotta, Giga, Minuetto e Sarabanda in strutture ritmiche, armoniche
e andamenti imitativi che ripercorrono rispettandolo appieno il modello di
riferimento diventandone, perciò, degli omaggi.
Largo,
per orchestra op. 1 (1995)
Composizione per orchestra
derivata da una precedente composizione per pianoforte e oboe (o per pianoforte
solo, op. 1 bis) in tempo ternario (3/4) e in tonalità
di Re maggiore. L'orchestra si compone di 2 flauti, 2
oboi, 2 clarinetti in Si bemolle, due fagotti, 2 corni in Fa, 2 tromboni in Si
bemolle, organo e archi. Iniziano gli archi e l'organo. L'idea proposta fin
dall'inizio dell'op. 1 bis nella quale le parti
interne venivano scandite nei quarti viene ripresa fin dalla breve introduzione
iniziale, di quattro battute, dai violini II e dalle viole. L'incedere è
'Solenne' e viene prescritto il 'suono caldo' agli
archi. Da batt. 5 la melodia viene affidata al clarinetto, doppiata
dall'organo e dai violini primi, una prima trance che si estingue già a batt. 8 su un'armonia
diminuita, ma riprende immediatamente da batt. 9
all'oboe, sostenuto dal fagotto, oltre che dagli archi e dall'organo. Una
melodia che riprende e fa risaltare aspetti armonici, sacrificando un cantabile
disteso all'interesse delle sonorità di un'armonia che, modulando sul Mi
maggiore a batt. 10-11 si sospende ancora su un'armonia diminuita sul tempo
forte di batt. 12 per riprendere all'istante a piena
orchestra, con un intervallo di ottava al canto che ricorda la celebre aria
sulla quarta corda (Suite n. 3 in Re maggiore) di Johann Sebastian Bach, tra la
seconda e la terza battuta. I flauti risuonano nel registro acuto, si dividono
gli oboi, i clarinetti, i fagotti e i corni a raggiungere il La maggiore
'forte' di batt. 17.
La composizione diventa per
clarinetto solo e organo, le armonie si fanno dense, il clarinetto si produce
in una melodia tortuosa, intervalli ampi, virtuosistici. Crescendo, si raggiunge
il 'mezzoforte' a batt. 23,
con una terzina ascendente si spinge al Fa diesis nel secondo tempo di batt. 25 e lo riprende assieme ai flauti acutissimi e ai
violini, 'forte' nell'orchestra piena da batt. 26.
Dal Sol maggiore si arriva al Re minore di batt. 30 che si rivela II
della risoluzione conclusiva di sezione del Do maggiore di batt.
33. Dalla battuta 34, l'orchestra si rastrema e
rimangono i legni e i corni, accompagnati dai violoncelli. Una breve linea melodica, divisa in due parti strutturate ambedue in senso
discendente. Da batt. 38, si tacciono flauti e violoncelli e si aggiunge il
trombone. Gli oboi ora si incaricano di esporre una
breve linea melodica, che ricalca la struttura della precedente molto simile
alla precedente.
L'orchestra piena interviene
da batt. 42: flauto solo al canto, doppiato dal trombone e dai violini I, una melodia di
quattro battute a partire da un'armonia di Fa diesis minore, Do diesis minore,
La maggiore che fa da dominante al successivo Mi maggiore nona. Un breve
respiro e si riparte 'piano' da batt. 45, i legni e gli ottoni si dividono. In questa successiva
frase prende un'importanza qualificante il disegno
ritmico della cellula formata da due ottavi e un quarto, una nota di volta che
diventa determinante nella tessitura delle battute fino alla 50. Siamo in pieno
crescendo, Do maggiore, a seguire La minore fino alla modulazione che conduce
al Si maggiore in terzo rivolto nel 'fortissimo' di
battuta 53. Un abbassamento repentino di intensità, da batt. 54 proseguono solo un oboe, un clarinetto, un
fagotto e un corno accompagnati esclusivamente dagli archi. Una prima frase del
tema proposto, divisa in due semifrasi caratterizzate
da un ampio intervallo discendente cui segue un breve motivo ascendente, con
l'evidente compito di assecondare le armonie che in questo frangente si fanno
dense nelle modulazioni e sonorità. La seconda semifrase,
collocata a batt. 55 col tonale Mi bemolle che la sostiene, introduce la
seconda frase del tema in cui ricompaiono i flauti divisi in ottava con un
motivo ascendente. La regione tonale è ora il Sol maggiore ma, mentre
clarinetti, corni e violini secondi sostenuti dalle viole si appropriano della
condotta melodica complessivamente discendente, viene raggiunto l'obiettivo nell'armonia diminuita; tale armonia si spegne nella
breve attesa intenzionale della sospensione coronata di batt.
58, un breve respiro verso l'inizio dell'ultima parte della composizione.
Da batt. 59 è riproposto il
primo motivo tematico/ritmico dato dai quarti ribattuti, riprende anche
l'organo, la sonorità complessiva è densa e compatta nel 'pianissimo'. II-V di
Re maggiore a cavallo tra batt. 60 e 61, ma il disegno complessivo tende all'ascesa sonora
e timbrica con accostamenti para-modali che conducono al 'mezzoforte'
dell'attacco degli oboi e dei flauti a batt. 63 i
quali, insieme alle viole, incidono una scala discendente che conduce al Sol
maggiore sesta, 'piano' di batt. 66. A questo punto,
un breve movimento ascensionale su armonia diminuita che anticipa l'inciso
melodico dei flauti a batt. 68, riprende la semifrase del
primo tema che abbiamo incontrato a batt. 54, l'ultimo
‘mezzoforte' dell'intera composizione che, gradualmente, va a spegnersi. Lo
stesso inciso viene ripreso dai clarinetti tra batt. 70 e batt. 71.
Armonie diminuite e dense
sonorità sostengono questi passaggi fino al Re maggiore in secondo rivolto di batt. 72,
l'inizio della fine del brano. Ecco gli oboi con note tenute, sempre 'piano', e
compaiono alla battuta successiva anche i flauti con la stessa modalità. La parte melodica, che si risolve in arpeggi
ascensionali per gradi congiunti, prevalentemente in ottavi, viene interpretata dai clarinetti, fagotti, corni, organo, violini II e viole.
Il brano si spegnerà nel Re
maggiore di batt. 77, ascendendo gradualmente nelle parti interne,
confermando così l'idea che la vera intenzione di quest’opera, tipica per il
contesto epocale in cui si origina la composizione, è collocata negli aspetti
di una sensibilità timbrica, più che nelle invenzioni tematiche, le quali si
profilano in funzione di una complessiva ‘melodia di timbri’. Le armonie dense,
a tratti neo-modaleggianti, non si astraggono mai dal contesto tonale ma, paradossalmente, perseguono
l'efficacia comunicativa dei colori nei timbri.
ALLEGATO
B
Come si è potuto constatare in precedenza, l'àmbito del religioso cattolico
musicale è stato per Bruno Pasut fin dalla prima
giovinezza di primaria importanza nella sua costante frequentazione, sostenuta
da una profonda fede. Una frequentazione attiva, che in maniera naturale
condusse alla realizzazione di importanti sviluppi
professionali tra i quali spicca la direzione della Cappella Antoniana. Non
stupisce, quindi, che anche gran parte dell’opera di Bruno Pasut sia dedicata alla funzione religiosa, alle sue profonde istanze,
alla conoscenza degli sviluppi della tradizione musicale antica attraverso la
quale essa si è tramandata.
Questa sezione raggruppa le
composizioni rivolte al religioso e al sacro. E sono sempre composizioni in cui
il canone musicale religioso (inteso nel senso letterario di modello,
procedimento consolidato, norma fissata) viene rispettato, approfondito, riproposto in una consapevolezza determinante nelle
forme, nei procedimenti armonici, nei colti sviluppi delle armonie e delle
conduzioni delle voci anche in pratiche antiche.
Vi si possono individuare
composizioni di carattere devozionale popolare, quali
fra le altre la giovanile È l'ora che pia (op. 67 del 1930), Tu
scendi dalle stelle (op. 65 del 1943), oppure O Jesu mi dulcissime (op. 85 del 1994), o ancora la
Marcia dei pastori (op. 214 del 1944); come opere destinate espressamente
alla funzione liturgica sacra, quali certamente le messe (Missa Brevis op. 44 del 1944, Missa Prima op. 43 del
1940, Messa Nuziale op. 3 del 1945 [inserita nella sezione D, causa
l'uso invalso, da allora a tutt'oggi, dai componenti della famiglia Pasut di eseguire questa messa in occasione di ciascun
proprio matrimonio]), oppure il Kyrie a 5 voci (op. 73 del 1943) o il Kyrie
ad 8 voci sul modo gregoriano per doppio coro (op. 72 del 1943), o ancora
il Vespero della Domenica (op. 212-I del 1958) e il Pater noster (op. 48 del 2000).
È
l'ora che pia op. 67 (1930)
Piccola
composizione in 3/4 di sedici battute per voce e organo, una sorta di lied sacro in Sol maggiore.
La prima parte, formata da otto battute, in cui le due frasi di cui è concepita
si susseguono sviluppandosi armonicamente in maniera
autonoma; mentre la seconda parte ribadisce una serie di cadenze sul testo “Ave
Maria”, quasi un'invocazione, una preghiera che si conclude in un'amabile
discesa di seste parallele, l'intervallo della tenerezza, della ‘voce del cuore’.
(Aa.Vv., Gli intervalli musicali, Milano, Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Etas Spa, 1990, p. 9).
Dixit
Dominus – Falso Bordone op. 76 (1932)
Basato sul testo del Salmo
responsoriale 110 della festa del Corpus Domini, la composizione vocale viene trattata con la formula del falso bordone o, più
propriamente vista l'origine borgognona di questa
tecnica compositiva, fauxbourdon. In
effetti compaiono, come di norma, rivolti in 3-6 (terza e sesta) e in
4-6 (quarta e sesta) e una modulazione interna al IV grado (IV del IV batt. 2 e V del IV batt. 4) tra batt. 2 e batt. 4. Tra le prime
quattro battute e le seconde e ultime della composizione si sviluppa una
modulazione plagale complessiva tra la regione del quarto grado (risolventesi
nel Si bemolle maggiore della batt. 4) e la regione della tonalità d'impianto (Fa maggiore
della batt. 8). Composizione in canone, si presume
per essere eseguita durante la funzione religiosa.
Ave
Maria op. 61 (1932)
Composizione tripartita
composta sul testo latino dell'orazione mariana per eccellenza. Basata
inizialmente su un tempo ternario, prende l'abbrivio da una formula supplice, di invocazione a carattere modale basata sul La
bemolle maggiore, confermando la quinta giusta (La bemolle-Mi bemolle) al
basso. Si tratta della successione (I-V-IV-I) condotta nelle prime due battute,
che risponde a un carattere di intima istanza. Si nota
nella composizione l'aderenza delle condotte musicali ai significati
particolari espressi dal testo di riferimento. Ad esempio, in corrispondenza ai
significati misterici espressi al livello delle battute 11 e 12 (“fructus ventris tui”), oppure batt. 20 (“peccatori”), o ancora batt.
26 (“mortis nostra”), l'armonia espone in
maniera estremamente appropriata al basso l'intervallo emblematico di tritono.
La tripartizione è così
organizzata: [A] da batt. 1 a batt. 14; [B] da batt. 15 a batt. 28 e la
conclusione [C], che muta la scansione ritmica in un 4/4, da batt. 29 a batt. 32. L'estensione
vocale rimane compresa tra le frequenze dell'accompagnamento strumentale,
perciò la melodia si integra nell'armonia nella
funzione particolare di rendere percepibile il testo nel suo significato
letterale.
Litanie,
a due dispari op. 76 II (1932)
Piccola strofa litanica per
coro misto e organo composta di cinque battute suddivise in due parti ([A] da batt. 1 a batt. 2 e [B] da batt. 3 a batt. 5), armonia di Re maggiore. Nella prima battuta viene formulata per intero la melodia che viene
immediatamente ripresentata in forma variata nella seconda battuta. È la
medesima situazione che riscontriamo nella sezione [B]
dove la seconda formula melodica viene esposta in batt.
3 e riproposta in forma variata in batt. 4,
variazione che si rende funzionale alla risoluzione 'perfetta' di batt. 5. Composizione complessivamente strutturata negli
stilemi del tradizionale corale.
Litanie
a due voci dispari – Litanie a due voci bianche op. 61 II (1932)
Breve invocazione in forma di
litania composta di otto battute divisa in due parti, la prima in Re bemolle
maggiore che modula, nella seconda, in Mi bemolle maggiore. La prima parte [A]
si distingue dalla seconda [B] anche per l'utilizzo di voci bianche in luogo
delle voci adulte. Coro misto che si produce in
formule responsoriali interne tra batt.
1 e batt. 2, dove canta il contralto solista (o i
contralti solisti) e tra batt. 3 (dove appunto canta
solo il contralto, o i contralti) e batt. 4 dove si
aggiunge (o si aggiungono) il tenore.
Nella scrittura di
accompagnamento prevale il carattere pianistico, ad esempio l'episodio
conclusivo della parte [A] si produce in una cadenza pianistica di derivazione
ottocentesca (romantica). La seconda parte, pur modulando nella tonalità di Mi
bemolle maggiore, mantiene la stessa forma testuale e strutturale. Si notano,
in particolare, le analogie con la prima parte nella disposizione armonica
generale e nell'afflato elevativo, sostenuto dalla
dinamica crescendo-diminuendo, di batt. 6, corrispettiva della batt. 2.
Deus
in adjutorium op. 184 (2000)
Composizione
sacra di stile neobarocco, in forma di oratorio a doppio coro maschile (voci
pari): trio di concerto (tenore I, tenore II e basso) e trio, di analoga
formazione, di ripieno. Oltre all'organo d'accompagnamento figura un duo di
corni, che prevalentemente rafforzano le sezioni in 'tutti'.
Il testo è costituito dal Salmo 70 (69) Deus, in audjtorium meum intende.
La composizione apre con un
Adagio in Si bemolle maggiore sulla formula di supplica dei due tenori solisti
armonizzati per terze e accompagnati dall'organo, il tempo è binario e la
sezione è composta da due semifrasi di tre battute ciascuna, di andamento sillabico. La prima frase termina a batt. 3
sul prevalente V del V. La seconda frase termina sul V di Si bemolle, Fa.
Continua il versetto da batt. 7 in un risoluto Allegro, tutti, corni compresi, dalla
tonalità principale; il coro si spezza a batt. 10
alternando un andamento ritmicamente e melodicamente contrappuntato fra le
parti corali, fino alla ripresa del tutti di batt.
14. L'armonia si sposta in batt. 13 diventando diminuita per introdurre il Sol minore della
successione che termina sul Si bemolle maggiore del primo quarto di batt. 17, dove termina anche il tutti. Tra batt. 17
e il primo quarto di batt. 19, l'incipit del trio
solista che introduce il tutti di batt. 19. In corrispondenza
della pronuncia “Domine, festina” tra le batt. 21
e 23, l'armonia modula strettamente a sottolineare la particolare intensità dell'invocazione.
Il passo chiude sul Si bemolle maggiore di batt. 26.
La composizione prosegue in
armonia stabile al versetto successivo da batt. 27, alternando le stesse frasi tra il coro di concerto e
il tutti in raddoppio fino al quarto quarto di batt. 34 dove inizia, con la formula “qui quaerunt...” il basso di concerto da solo accompagnato
dall'organo: introduce così la parte del coro solista (tenori armonizzati per
seste) che inizia a batt. 35 e prosegue fino a batt. 39. Da batt. 37 l'armonia si mantiene in un carattere modaleggiante per favorire l'agogica in crescendo
dell'accompagnamento organistico, mentre le formule melodiche del coro solista
si mantiene stazionario. Una preparazione che sfocia nel forte ‘tutti’ di batt. 40,
armonia di dominante rispetto alla tonalità d'impianto, con le parti che si
distribuiscono i ruoli in maniera finora inedita: tenori primi (sia del coro di
concerto che di quello di ripieno) solisti, accompagnati dai tenori secondi e
dai bassi armonizzati. A partire dall'ultimo quarto di batt. 43 le voci si dispongono omoritmicamente a definire la strofa “quaerunt animam meam”, strofa che si chiude a batt.
47. Sulle parole “Avertantur retrorsum et erubescant” (retrocedano, coperti d'infamia), le
armonie si fanno tetre e dissonanti, minori e diminuite fino a risolvere nel La
maggiore di batt. 53, il quale lascia immediatamente spazio al Re minore che
inizia le armonie successive. Qui inizia il secondo
periodo di frase “qui volunt mihi mala” (letteralmente, “chi mi vuol male”) e le voci si dispongono in canone
incrociandosi, sostenendosi e rispondendosi mutuamente in un crescendo
progressivo fino al forte di batt. 59. Le armonie
fanno perno sul Fa maggiore (in rapporto di quinta con la tonalità d'impianto)
fino a batt. 60 dove, dopo aver appena toccato la tonalità principale,
vira sul La minore anticipato dal suo V grado, Mi, settima di dominante.
Un drammatico epilogo per il
versetto che, dopo un breve passaggio modulante dell'organo, passa il testimone
armonico a un perfetto Fa maggiore per l'inizio del versetto successivo. Inizio
appannaggio dei tenori solisti principali, armonizzati per terze, che
proseguono estinguendo completamente la sezione. Con un incipit dei bassi accompagnati, come sempre dall'organo, ha inizio il versetto successivo.
Ci si riprende la tonalità principale e, dal tutti in mezzoforte di batt. 76-77, passando attraverso l'armonia diminuita di batt.
78, si giunge al Sol minore che tra le batt. 82-83
diventa momentaneamente maggiore, in una frase che avrà la sua conclusione
(nella sospensione del primo rivolto) sul primo quarto di batt.
86. La tonalità rimane il Si bemolle maggiore, limitati movimenti armonici non
ne inficiano la portanza ma denotano il particolare carattere del verso
declamato, fino alla chiusura di batt. 94, caratterizzata dall'elevazione dell'arpeggio scalare
dell'organo. Il Sol minore a batt. 95 contrassegna l'inizio del versetto successivo “Ego vero egenus et pauper sum”,
cantato dal basso solista accompagnato esclusivamente dall'organo. Una vera
parte solistica completa, che esaurisce la prima parte dell'ultimo versetto del
salmo, una supplica che si distingue melodicamente per gli intervalli d'ottava
delle battute 105-108 facendola immaginare, per così dire, imperativa. Le
armonie seguono ondeggiando questo andamento
implorante al quale, da batt. 115 si uniscono tutti
in un forte Si bemolle maggiore.
Con la supplica “Domine, ne moreris”
siamo in conclusione del salmo canonico, una supplica che in questa fine
diventa solenne, definitiva. Vari inserimenti di armonie diminuite accentuano
il carattere drammatico d'impianto e il salmo termina, dopo una breve ripetizione
delle parole “ne moreris” a batt. 131.
Nella Liturgia delle Ore,
ogni orazione dei salmi prevede la recitazione conclusiva della cosiddetta
'dossologia minore', una breve preghiera che sintetizza verbalmente il
significato del segno della Croce. Il compositore Pasut non viene meno a questa richiesta formale della tradizione e alla fine dell'op.
184 scrive sul testo del Gloria Patri un brano
bipartito di conclusione. La prima parte di questa sezione inizia a batt. 132, il tempo si mantiene binario, l'armonia di partenza è il Sol minore ma tra batt. 132 e batt. 139
l'armonia di riferimento è il Fa maggiore, che diventa a batt.
140 Si bemolle maggiore e a batt. 142 viene
indirizzata verso il Sol minore di conclusione (batt.
146 della prima parte di questa sezione). Si modifica
la divisione ritmica, un pimpante tre quarti in luogo del tempo binario
precedente, l'Allegro prende il posto dell'Adagio e un
solare Si bemolle maggiore irrompe con la sicurezza del mezzoforte.
A batt. 147 prende dunque il
via la seconda e ultima parte della sezione conclusiva. La scrittura
dell'accompagnamento dell'organo si fa più coralistica,
le voci alternano brevemente, tra batt. 151 e batt. 152, una parte di
soli tenori solisti al tutti. Inaugurata dal mezzoforte la sezione decresce dinamicamente fino a giungere al pianissimo (pp) di batt. 158 che precede
l'Amen conclusivo. Esso si presenta (pp) a batt. 159, con un'armonia di IV grado che va al V della battuta successiva e al I di
Si bemolle maggiore della battuta ancora successiva. Dalla disposizione
omoritmica precedente, le voci si dispongono in canone, brevi cellule melodiche
discendenti costituiscono la trama corale che si sviluppa man mano che procede,
e cresce dinamicamente per concludere omoritmicamente, dopo un breve inciso dei tenori solisti di batt. 167-168 nei due tonanti Amen conclusivi. L'assenza di movimenti cromatici nel trattamento della scrittura
delle parti dei corni fa intuire l'utilizzo di corni naturali tradizionali.
Venite Gentes op. 46 (1985)
Composizione
sacra per coro misto (voci dispari) e accompagnamento organistico, scritta sui
primi due versetti del testo per il Santo Natale. Nella tonalità di Sol
maggiore, inizia l'organo preludiando brevemente sulla suddivisione ternaria
del cosiddetto 'tempo di pastorale': 6/8. In questo breve preludio già si
possono notare alcuni stilemi di ordine romantico, che possono far intuire una
qualificazione compositiva. Le voci entrano a partire dal soprano di batt. 5 (anacrusi di batt.
4), una ad una, intrecciando linee melodiche diversamente tematiche e
manifestando così la spinta vitale e gioiosa dell'invito testuale.
L'accompagnamento dell'organo si mantiene in tonalità, anche se si avvertono
particolari accostamenti di accordi maggiori. Si prosegue in questo modo fino a batt. 12 quando, in concomitanza con la strofa “et adorate Dominum”,
le voci si assestano distribuendosi i ruoli di sostegno e di conduzione
melodica. Soprano e contralto sostengono tra le batt. 12 e 14 i tenori e i
bassi, ai quali viene affidata una linea melodica più articolata.
Si tratta dunque di una
composizione dall'esecuzione impegnativa, da avvicinare con perizia e
consapevolezza esecutiva, dove sono necessarie doti interpretative raffinate
per comprendere la vocazione dell'intenzione compositiva. Infatti, accanto alla
difficoltà che presenta l'esecuzione di parti che nella loro articolazione
richiamano esempi di musica vocale rinascimentale, l'accompagnamento armonico viene realizzato accostando accordalità che vengono collegate tra loro mediante passaggi possibilmente cromatici, in
questo modo indirizzando i riferimenti tonali in un caleidoscopio di
modulazioni. Incontriamo a seguire così, tra batt. 12 e batt. 18, accordi di Si minore, Fa diesis maggiore, Mi
minore, Si minore, Fa diesis minore, Si maggiore, Do diesis maggiore mutato
enarmonicamente in Re bemolle maggiore e infine Fa maggiore. Tra batt. 19
e batt. 25 l'organo alterna successioni armoniche di
accompagnamento a pause silenziose, mentre il coro continua a cantare.
In questi brevi stralci
d'accompagnamento si definiscono polarità tonali, le
più varie. Sol minore a batt. 21; Si maggiore a batt. 23; Mi
minore a batt. 25 per proseguire fino al Sol maggiore
di batt. 27, il quale lascia perentoriamente spazio a
un Mi maggiore tenuto che sottolinea l'inizio del secondo versetto “quia odie descendit lux magna super terram”. Le voci in questo caso si strutturano quasi precisamente in modo omoritmico,
assecondando nelle altezze l'avvicendamento delle varie modulazioni che
possiamo individuare nel breve spazio compreso tra batt.
28 e batt. 33: Mi maggiore, Do diesis minore, Sol
diesis maggiore mutato enarmonicamente in La bemolle maggiore, Do maggiore, La
maggiore, Fa diesis maggiore. Segue a batt. 33-34 una piccola cellula d'accompagnamento: Re diesis
minore che risolve in Si bemolle maggiore, da batt.
35 si riprende il Sol maggiore confermandolo a batt.
39. Un episodio interlocutorio in batt.
40, tonalità di Re maggiore, precede il cambio di ritmo di batt.
41, da 6/8 passiamo al binario 2/4, moderato. A questo punto l'organo occupa
interamente la batt. 41 accostando due accordi: Do maggiore e Si maggiore;
l'organo tace mentre le voci sole cantano un omoritmico Alleluja in batt. 42 anticipando la successiva batt. 43, dove l'organo si aggancia al La minore proposto
dalle voci accostandolo al Mi minore. A batt. 44 il tempo muta nuovamente trasformandosi,
temporaneamente però, come vedremo a breve, nel ternario 3/4. Le voci declamano
un nuovo Alleluja in forte, la tonalità ora è Si
maggiore ma si interrompe bruscamente nella batt. 46 dove il ritmo
ridiventa 2/4 e la tonalità si manifesta inequivocabilmente come Do maggiore.
Per ogni battuta, tra la 46 e la 49, si vengono ad
alternare le voci di soprano/contralto con quelle di tenore/basso, mentre
l'organo accompagna esiguamente accostando a cavallo di battuta gli accordi di
La minore e Re maggiore tra batt. 47-48; Si minore e
La maggiore tra batt. 48-49; Fa diesis diminuito e Mi
minore tra batt. 49-50 e, da questo punto di batt. 51 alla cadenza finale di batt.
61, si alterneranno una battuta in 2/4 e una battuta in 3/4, cominciando dalla
suddivisione binaria di batt. 51. Si alternano le
battute anche tra accompagnamento organistico ed esecuzione vocale per cui, la batt. 51
è appannaggio dell'organo che accosta la seguente serie accordale: Do maggiore,
La minore, Si maggiore e Mi maggiore: non compaiono settime, tantomeno minori.
Dopo la ternaria batt. 52 della compagine vocale, l'organo occupa la batt. 53 (2/4) accostando: La bemolle maggiore, Fa
maggiore, Sol Maggiore e Do maggiore: come in precedenza non compaiono settime.
Accade la medesima situazione a batt. 55, dove troviamo accostati dall'organo gli accordi di Re
minore e di La minore. A questo punto si rinserrano le fila e gli
accompagnamenti non si alternano più al canto ma lo sostengono a frasi
staccate, confezionate sempre accostando accordi, terminando alla cadenza
finale dove, curiosamente evocando contesti modali, il
Sol maggiore viene confermato attraverso la giustapposizione degli accordi di
Sol maggiore, Do maggiore, Re maggiore e, infine, Sol maggiore. Possiamo
ravvisare in questa successione, dove risaltano i gradi IV, V e VIII su cui
sono costruite triadi maggiori, accordi perfetti i cui
intervalli (tra i gradi succitati) si definiscono tradizionalmente giusti, una
probabile intenzione compositiva nel riaffermare la perfezione pitagorica della tetraktis classica, della quale questi
intervalli rappresentano l'espressione sonora, e contemporaneamente della
Trinità spirituale.
In manus tuas, Domine op. 45 (1942)
Composizione sacra per coro
maschile (voci pari: tenori I, tenori II e bassi) e accompagnamento
organistico costruita sul testo del responsorio In manus tuas, Domine. Si tratta di una composizione
dove prevale il modalismo che denota studi affini a certa produzione di
Gian Francesco Malipiero. La partitura, infatti, presenta prevalentemente
armonie incerte, generalmente caratterizzate dalle tipiche sonorità che danno
le quinte o le quarte al basso, larghe posizioni che favoriscono la
costituzione, più che di determinate regioni tonali, di dense coloriture
timbriche orientate tonalmente.
È naturale avvicinare questa
intenzione creativa con gli esiti pittorici del tonalismo veneto
quattrocentesco. Giorgione e Tiziano iniziano questa prassi caratteristica,
aiutati e provocati dalla nuova tecnica a leganti oleosi importata di recente
dai Fiamminghi, che sostituirà a poco a poco la tradizionale tempera. I
contorni sfumati, la definizione plastica, volumetrica, spaziale viene espressa mediante la stesura di raffinate campiture di
colore, dotando i dipinti di profondità inedite. Sono questi procedimenti
tonali basati su rapporti progressivi di intensità
cromatica che si ritrovano nella partitura in questione, a partire dal
brevissimo incipit dell'organo che, sulla partizione binaria del 4/4 in cui
inizia il brano (Andante mesto), alla prima battuta afferma immediatamente un
campo sonoro diatonico sovrapponendo al Re del basso due quinte e due quarte
successive. Attraversando un breve allargamento delle voci, l'armonia si apre
direttamente in un Si bemolle minore in terzo rivolto ma, in questo caso, la
conduzione delle voci non riveste una determinante importanza. È determinante, invece, il fatto che le
note si presentino nelle sovrapposizioni, a seguire dal basso Sol bemolle
(settima), Re bemolle (terza), Si bemolle (fondamentale) e Fa naturale (quinta)
in raddoppio. Si presenta di nuovo, dunque, la sonorità caratteristica
dell'intervallo di quinta tra le note Sol bemolle e Re bemolle al basso. Durante questa seconda battuta, un breve incipit melodico dell'organo
che aiuta l'intonazione all'inizio del canto dei tenori, al quarto quarto di battuta. Parrebbe iniziare in questo
punto il brano ma, se consideriamo le armonie che si presentano a batt. 3
(Mi bemolle minore con la nona maggiore, ancora un accordo eufonico, disposto
con la quinta al basso) ci rendiamo conto di essere nel pieno di una
successione modale che terminerà, stringendosi man mano, precisamente nel terzo
quarto di batt. 4, in corrispondenza dell'inizio del
canto dei bassi, con un risolutivo, ancorché modale La bemolle maggiore.
Possiamo considerare, quindi, le prime quattro battute come l'episodio
introduttivo dell'intera composizione che prosegue, virando bruscamente a batt. 5
su un La maggiore accompagnando il canto dei bassi solisti. Canto spezzato in
due frasi all'ultima delle quali rispondono, entrando in canone, i tenori su
un'armonia minore (Do diesis). Riuniti anche i bassi a batt. 9, appare nel secondo
quarto un Do diesis armonizzato con la sua quinta Sol diesis ma privo di terza.
Questa quinta vuota anticipa il cambio di tempo di batt. 10 (dal binario 4/4 al
composto 5/4) che ospita un'armonia di passaggio che sfocia nella dinamica
diminuendo a batt. 11, ristabilendosi la scansione
binaria precedente, su due quinte (entrambe basate sul Sol diesis) sovrapposte;
si inverte la tensione dinamica e dal piano pianissimo (tre p) inizia il
crescendo.
Tecniche vocali di evocazione
rinascimentale, nelle entrate frastagliate e nelle condotte incrociate delle
voci, lasciate indipendenti dall'accompagnamento in batt. 14 nel forte iniziato
a metà della battuta precedente. Ci troviamo al termine della frase “Commendo spiritum meum”, a batt. 15
le voci si riuniscono ritmicamente in un stringendo che chiude in un
affermativo fortissimo (due f) sul primo quarto della sedicesima battuta, in un
risolutivo Mi bemolle maggiore. La dinamica, interrotta bruscamente, riprende
con l'accompagnamento preludiante pianissimo dell'organo che propone il Mi
bemolle (la nota Mi bemolle) d'attacco ai tenori che iniziano (doloroso, mf)
sul tempo forte di batt. 17. Il coro scioglie il canto in linee embricate, in un continuum che prosegue, svoltando dinamicamente (a batt. 22 inizia il crescendo) ed enarmonicamente
sull'anacrusi dell'ultimo quarto di batt. 21 in
un'armonia che sfocerà sul La maggiore del tempo forte di batt.
23. Climax dinamico sul tempo forte della battuta successiva, conferma
definitiva del La maggiore alla chiusura di frase di batt. 25, in piano.
Prende l'avvio
la sezione conclusiva della composizione, la scansione ritmica si
assesta sul ternario 3/4, “Sed parce” sussurra il
coro, pianissimo, scarno l'accompagnamento che a batt.
27-28 interludia melodiando con ottave fino all'assestamento di un accordo su base La che si definisce
maggiore nella prima nota dei tenori primi; ora il coro non sussurra ma
riprende il testo “Sed parce” omoritmicamente,
in un più robusto mezzo forte. Breve interludio melodico di ottave dell'organo,
che lascia spazio all'ulteriore “Sed parce” del coro
solo che ruota le armonie al Fa maggiore della fine di frase, sul secondo
quarto della trentaduesima battuta. È la conclusione: pianissimo, appoggiandosi
a un Sol dell'organo (terza del Mi bemolle maggiore in primo rivolto) lentamente
si afferma la quinta Re-La a batt. 34, sostenuta dal coro per l'intero interludio conclusivo
dell'organo di batt. 34-36 dove, brevemente appare un
Fa naturale che potrebbe caratterizzare il Re minore ma subito svanisce,
lasciando la purezza di due quinte su base Re.
Missa
Prima op. 43 (1940)
Composizione liturgica sacra
per coro misto a tre voci e organo, in cui vi si ravvisa lo stile, proprio
dell'epoca, nel modello proposto da importanti compositori di musica sacra
quali, tra gli altri, Lorenzo Perosi e il pavese
Franco Vittadini. La Missa
Prima è composta da quattro sezioni: Kyrie, Gloria,
Credo, Sanctus.
Il testo del “Kyrie eleison” viene introdotto dall'organo solo per 11 battute, in Re
minore, tempo binario (2/4) e l'indicazione agogica di 'Calmo'. A batt. 12
l'attacco dei soprani, che anticipano le altre sezioni nell'esposizione a
canone di questa prima parte della partitura. L'esposizione al canto,
sull'armonia di Re minore, inizia con le tre note con cui iniziava poc'anzi
l'organo (Fa, Mi, Re), ma in senso opposto. La prima frase viene costituita quindi affiancando due parti: tre note da un quarto iniziali agli
ottavi successivi e conclusivi. A batt. 15 l'attacco dei tenori con le tre note da un quarto,
nello stesso senso proposto dall'inizio dell'organo e una terza sopra (La, Sol,
Fa). La seconda semifrase dei tenori presenta una
piccola variazione ritmica a batt. 16, per cui a una nota da un quarto succedono due note da un ottavo e
sarà questo il disegno con cui si presenterà la linea dei bassi a batt. 18 e che sarà mantenuto da tutto il coro fino alla
conclusione di frase omoritmica di batt. 25 in Fa maggiore. Seguono quattro battute (da batt. 26
a batt. 29) di interludio organistico, fino
all'attacco forte del coro sul “Christe eleison” di batt. 30. Frase affermativa, che ripetendo il testo “Christe eleison” per due volte, conduce alla chiusura nella
dominante di batt. 38. Il breve interludio organistico delle batt. 39
e 40 precede una nuova entrata del soprano, al quale sono prescritte in verso
ascendente le medesime note dell'inizio della composizione ma, nel prosequio di frase, una piccola variazione nel senso
ascendente degli ottavi. Il senso ascendente della seconda semifrase è il tratto caratteristico delle successive entrate in canone dei tenori (batt. 44) e dei bassi (batt. 46), le quali raggiungono
il punto apicale nel 'fortissimo' di batt. 48 (armonia di Fa maggiore). Un breve respiro e,
sempre in 'fortissimo' inizia la frase conclusiva
della sezione Kyrie la quale, riducendo perentoriamente la dinamica a
raggiungere celermente il piano di batt. 50, a
partire da batt. 51 si assesta su valori più larghi
(quarti) rinunciando alla spinta ritmica delle anacrusi e sostenuta da un
sempre più rarefatto accompagnamento organistico. Quasi un corale luterano a
spegnersi nell'estrema cadenza plagale in 'pianissimo'
su una divisione ritmica nuova (4/8) che permette di definire l'arpeggio
conclusivo dell'organo nelle batt. 55 e 56.
Un perentorio motivo
omofonico di carattere arcaico apre il successivo movimento, il Gloria,
occupando le prime cinque battute. Il ritmo è binario (2/4) e l'indicazione
agogica è: Vivo. Alla sesta battuta l'organo tiene per un quarto una
sovrapposizione di quinte e quarte sul La (sonorità che rimanda particolarmente
a timbriche arcaiche) e si spegne per lasciar spazio ai tenori e bassi a
cappella. Essi, armonizzati prevalentemente per terze, esordiscono in 'forte' una linea che si sviluppa a partire dalla quinta
La-Mi , quinta evidenziata successivamente da batt. 9
alla chiusura sul La di batt. 10. Breve frase
organistica, articolata in una prima parte omofonica (batt. 10-11) e in una seconda nella conduzione di più parti
d'armonia che chiudono sulla sovrapposizione di quarte e quinte sul La di batt. 14,
a sostegno parziale della breve frase corale all'incipit di batt.
13. Brevissima frase che, con il raddoppio all'ottava dei soprani, si articola
nell'esposizione della quinta La-Mi, passaggio alla dominante sul secondo
quarto di batt. 14 e ripresa della quinta precedente. Nell'alternanza di
canto e organo, è il turno dell'organo che riprende la quinta La-Mi, aprendola
nel Sol maggiore di batt. 16, dominante del Do maggiore nel secondo quarto, sul
quale Do maggiore insiste l'attacco della frase corale 'forte'. Anch'essa
breve, la frase sviluppa alla sua chiusura di batt. 17-18, una successione
II (Re minore), V modale (Sol minore) e Do maggiore (quinta al basso, parti
late) che cerca di mantenere la sonorità complessiva in un contesto arcaico
evoluto, questa volta sostenendo il canto. Improvvisamente, a batt. 19
la dinamica prescrive un 'pianissimo', l'agogica 'Largo', gli accordi
organistici a parti late prevalenti sostengono un canto che dilata le sue
durate.
“Adoramus te” pronunciato a fil di voce sulla successione IV-I di Fa maggiore, che
diventa IV-I di Do maggiore nella conclusione di frase a batt. 22. Incipit diatonico
'forte' (fondamentali La-Sol-Fa), conduzioni delle parti per moto contrario e
ci troviamo in tonalità di Si bemolle maggiore per l'inizio di frase di batt. 23.
Frase che conclude una sezione di questo Gloria
costruita su armonie che prediligono inflessioni modali anche se mantengono le tensioni
di movimento dei gradi fondamentali, e che conclude nella solarità coronata del
Re maggiore. Andante Largo indica la sezione successiva, 'piano'
i soprani accompagnati dall'organo in una linea melodica discendente, per grado
congiunto, che ricorda prassi gregoriane, modulante dal Fa maggiore al Do
maggiore, si intende quasi una complessiva cadenza plagale. I soprani passano
il testimone ai tenori in batt. 31. Essi raccolgono il Do maggiore e producono una melodia
divisa in due periodi, dove il primo (da batt. 31 a batt. 33) inclina alle
figurazioni degli abbellimenti neumatici e il secondo (da batt.
34 a batt. 36) in una periodazione ascendente/discendente per grado congiunto, completata da un'appropriata
dinamica crescendo/diminuendo che ne enfatizza l'assonanza gregoriana. Il
piccolo escamotage armonico (cadenza evitata) di batt. 36 permette il
passaggio della melodia ai bassi del coro. I quali si riappropriano della nota
finale dei tenori, proseguendo il profilo melodico discendente fino a batt. 38,
dove la linea melodica inverte l'andamento e cresce fino a raggiungere l'apice
di batt. 40 (Re minore) discendendo immediatamente
alla sospensione di battuta 41 che introduce la sezione successiva. A questo
punto l'organo si tace appena confermata la tonalità di Si bemolle maggiore, il
sacro nome viene proferito dall'intero coro a
cappella, delicatamente, in dinamica che dal 'pianissimo' con due lievi accenni
evolve in Do maggiore, 'pianissimo possibile' (ppp,
fondamentale tenuta al basso dall'organo). Riprendono 'mezzoforte' i tenori a batt. 49
in una frase introduttiva dalla dinamica estremamente controllata dove gli
intervalli di terza rivestono importanza, ma in corrispondenza delle batt. 54, 55 e 56 sono situati gli attacchi progressivi
delle altre sezioni del coro, rispettivamente i bassi da batt.
54, soprani da batt. 55 e di nuovo tenori da batt. 56. Entrate che, incrociando il testo non
omogeneamente, ammiccano prassi mottettistiche rinascimentali e, crescendo
nella dinamica e modulando per quarte discendenti, si riuniscono nel 'forte' di batt. 59. Dopo un breve respiro, il
coro riprende 'piano' e ora omoritmicamente a batt. 60.
“Miserere nobis” reiterato due volte, il tono
penitente lascia il posto alla supplica “Qui tollis peccata mundi” solo al coro che nel frattempo, da batt. 62 ha recuperato la
prassi degli attacchi incrociati di ascendenza rinascimentale. Respiri non
sincroni, testi incrociati e lievi movimenti melodici indipendenti evocano la
contrazione penitente. L'organo riprende ad accompagnare la nuova frase dei
soprani di batt. 74. Frase dal profilo gradualmente discendente, che
inverte la direzione in concomitanza di batt. 77, quando si aggiunge il restante del coro per la formula
“Miserere nobis” che termina sulla dominante che
introduce la sezione ‘più mosso’. Iniziano i soprani 'forte', precedendo
l'attacco dei tenori di batt. 81 e insieme sfociano nel Do maggiore che contraddistingue
la nominazione “Dominus”. L'accompagnamento si verticalizza, a batt. 83
attaccano i bassi, le parti dei soprani si sdoppiano e, in 'fortissimo',
rapidamente giungono alla conclusione in Mi maggiore. Improvvisamente ma di
seguito, la dinamica si abbassa radicalmente e, su tre battute (da batt. 87
a batt. 89), con l'inserimento del tempo ternario di batt. 87, viene pronunciato un ulteriore, delicatissimo “Jesu Christe” armonicamente
sostenuto dall'accostamento susseguente dagli accordi maggiori di Do, La
bemolle, Fa e, per concludere plagalmente, Do.
A batt. 90 ha inizio la
sezione conclusiva del Gloria. Si tratta di una breve fuga a tre voci, esposta
dal coro e doppiata contemporaneamente dall'organo, nella tonalità sulla quale
si concludeva la sezione precedente: Do maggiore. Il soggetto si compone di un breve elemento tematico e di una coda discendente seguente: viene esposto dai bassi a batt.
90, rispondono alla dominante i soprani a batt. 92 e ri-esposto dai tenori a batt. 94
e la risposta appannaggio dei
bassi a batt. 96. Sulla coda della risposta dei bassi, a batt. 98, viene esposto dai
soprani il controsoggetto al
quale rispondono i tenori da batt. 100. Il controsoggetto viene ri-esposto dai bassi a batt. 103,
rispondono 'forte' i soprani a batt. 104. Al controsoggetto che viene esposto
dai tenori a batt. 106, corrisponde un inizio di
risposta da parte dei bassi a batt. 108; la risposta,
infatti, sfocia immediatamente in un breve episodio contrappuntistico libero
dai vincoli delle esposizioni, compreso tra batt. 109
e 112, 'fortissimo' sulla “Gloria Dei Patris”. A batt. 113
iniziano gli stretti finali che si articolano fino a batt.
118 dove, con l'indicazione di 'allargando' (ritmicamente) i registri sonori
ascendendo si ampliano divaricandosi, preparando il finale che giunge
'fortissimo' a batt. 119, su pedale di tonica,
cadenza V-I che contiene la stilizzazione del soggetto principale esposta dai
tenori e dal basso dell'organo.
Il Credo inizia all'organo, 'poco mosso’, ritmo binario (2/4), successioni accordali
della parte centrale della gamma di Do maggiore, indugianti sui minori. Alla batt. 4
modulazione netta intervallo di quarta, ci troviamo in Fa maggiore nelle batt. 5 e 6, ma già a batt. 7 la
tensione polarizza verso il successivo quarto grado Si bemolle che viene
confermato a cavallo delle battute 8 e 9. Quinte che si avvicendano tra i bassi
dell'organo, tornando al La minore tra batt. 9 e 10, definendo l'arcaismo del modale e introducendo nel
contempo l'attacco dei soprani. È l'antica prassi gregoriana a ispirare il melos di questa sezione: espressione raccolta e intensa, intervalli per lo più contigui
e massimo slancio consentito pari all'intervallo di quinta. Le armonie
d'accompagnamento sostengono senza scolpire cadenze definite. Si riconosce
perfettamente il gregoriano. A batt. 18 dominante (Sol settima) che introduce il canto dei
tenori in Do maggiore. A batt. 24 sono, in corrispondenza del testo “Filium Dei unigenitum” si trovano accostati, a mo' di
cadenza alternata, due accordi: Si maggiore e Do maggiore. In breve, il Si maggiore
diventa la dominante (Mi settima) che introduce le appoggiature del La minore
sul quale i tenori lasciano il passo ai bassi. Breve anche la melodia affidata
ai bassi solisti, che infatti prosegue da batt. 28 eseguita dal coro pieno armonizzato fino a
giungere alla cadenza che porta all'accordo di Re maggiore, coronato. Il brano continua
'fortissimo' e 'Maestoso', gli ottavi e i quarti sostituiscono i sedicesimi
all'accompagnamento che afferma perentoriamente assieme al coro un Si bemolle
maggiore. Il Si bemolle avvia una progressione che continua fino a batt. 38,
dove il coro doppiato dall'accompagnamento si produce una linea melodica
ascendente/discendente per grado congiunto al termine della quale, sulla
dominante del Re minore, i bassi sospendono il loro canto lasciando proseguire
i soprani e i tenori. Al termine di un'armonia che risolve sul Do maggiore, da batt. 46
sono i tenori che sospendono il loro canto mentre i bassi lo riprendono assieme
i soprani per la frase conclusiva della sezione. La dinamica scende,
l'indicazione 'allargando' prepara la conclusione che si realizza dopo un
disegno discendente sul Si maggiore di batt. 50. Dalla battuta seguente, l'organo si produce in un
pandiatonicismo armonico, di carattere modale con perno sull'accordo di Mi
minore. Esso sfocia, allargando i registri negli accordi di quinte e quarte
sovrapposte, a batt. 58 in corrispondenza della melodia dei tenori. Dopo il
respiro di batt. 61, l'armonia si assesta sul modello contrappuntistico
iniziando da un chiarissimo Fa maggiore e terminando sul Re minore di batt. 69, coronato.
A questo punto il clima si fa
teso, raccolto, espressivo. Una quinta e una quarta sovrapposte su base La
fanno da appoggio al canto dei soprani: “Crucifixus, crucifixus etiam pro nobis...” e l'armonia passa dal Fa
maggiore di batt. 75 al Mi bemolle di batt. 76, che indurrà gradualmente al Do minore di “… et sepultus...” delle batt. 83 e 84.
Il quale, però muta in un Do maggiore piccardo sulla conclusione di frase “...
est”. Un maggiore sorprendente ma anticipatore dell'antitetico 'festoso' che
inizia alla battuta successiva. Re minore nona, due
quinte sovrapposte al basso e le varie sezioni del coro che, entro tre battute,
scalarmente entrano 'forte' a partire dai bassi a rievocare una riemersione:
“Et resurrexiter...”. Il Re minore modale lascia il
posto al Sol maggiore, sempre le quinte al basso, dopo il respiro del coro di batt. 94.
Si riprende 'fortissimo' e gli accordi si accostano “modalmente”
battuta dopo battuta, fino a giungere al Re minore di batt. 104, confermato alla
battuta successiva.
In questo punto termina l'ulteriore sezione del Credo e, da batt.
106, prende l'avvio la penultima. L'organo accompagna contrappuntando in
funzione della melodia che viene esposta per primi dai
bassi che la iniziano e lasciano i tenori a completarla nel suo motivo ascensionale
dai tenori fin dalla batt. 108. Frase composta da due semifrasi, delle quali la
seconda, a mo' di risposta che inverte la direzione melodica, viene affidata ai
soprani da batt. 110. Melodia ripresa immediatamente
dagli stessi soprani sul Fa maggiore, IV di Re minore di batt. 113. Nella stessa
battuta riprendono anche i bassi, ai quali da batt. 119 si aggiungono
anche i tenori completando il coro in corrispondenza dell'inizio di una
progressione armonica che, a partire dal Si maggiore di batt.
119 raggiunge il Do maggiore di batt. 125. I bassi
abbandonano da batt. 127, ai tenori e i soprani la conclusione di sezione che
termina 'fortissimo' nella sospensione di un Sol maggiore coronato con funzione
di dominante di batt. 129. Funzione che ha il compito
di introdurre la melodia dei bassi, un chiaro Do maggiore a cappella, che viene immediatamente imitato a batt.
132 dai soprani e, immediatamente dopo a batt. 104,
alla quarta dai tenori.
Prende così l'avvio
dell'ultima sezione del Credo, in un contrappunto di carattere rinascimentale
nel quale il compositore non rinuncia al controllo armonico delle parti non
indugiando, quindi, nella pratica del cosiddetto ‘contrappunto libero’. È in corrispondenza dell'Amen finale che entra
l'accompagnamento dell'organo a rinforzare il crescendo che gradualmente eleva
il canto. Al penultimo Amen le voci si spezzano e armonizzano ulteriormente
fino alle ultime tre battute dove, su un pedale di Do maggiore si dispiega una
cadenza V-I che si conclude a batt.
162, 'fortississimo'.
La sezione del Sanctus
principia con quattro battute all'organo che preludiano l'entrata del coro
pieno, 'pianissimo'. Non appena il coro attacca,
l'organo si tace per lasciare le voci nella formula melodica ascendendo e
crescente fino al 'forte' di batt.
11. L'organo riprende ad accompagnare a batt. 13, Do minore che diviene maggiore alla battuta
successiva, La maggiore batt. 15, Mi maggiore e Do
diesis maggiore a batt. 16 che confluiscono nel Do
maggiore che copre tutti i registri dell'organo di batt.
17. Il coro riprende 'pianissimo', breve modulazione tra l'anacrusi in Do
maggiore e il Si bemolle minore nel tempo forte di batt. 18, al quale si
aggiunge la settima minore sul secondo quarto. Mi bemolle maggiore sul Fa minore di batt. 20 che
risolve al Sol maggiore conclusivo di batt. 21.
Inizia qui la sezione del
Benedictus: alla stregua del precedente inizio vi ritroviamo alcune battute
d'incipit all'organo che introducono il canto 'pianissimo' dei tenori a batt. 4.
Armonia che sostiene il canto inizialmente in Do maggiore ma rafforza successivamente il Re minore. Ma è a batt. 9 che modula sul La
maggiore (preceduto dalla sua dominante, Mi maggiore), prosegue sul Sol diesis,
Si minore, Sol maggiore, Si bemolle maggiore e Fa diesis maggiore per seguire
la discesa cromatica della melodia al canto. Fa maggiore e La bemolle maggiore
a batt. 13 per sostenere il Do tenuto dai tenori che diventa a fine battuta anacrusi
per il successivo Si conclusivo sull'ultima sillaba di “... Domini”. L'organo
termina sospendendosi sul Sol maggiore coronato. Si riprende a questo punto la
formula conclusiva “Hosanna…” della precedente
sezione, sia nel cantato a coro pieno che nell'alternanza dell'accompagnamento
armonico, sebbene lievemente dilatato nel testo. Inizia a questo punto la
sezione conclusiva della composizione, solenne e 'Calmo' l'organo introduce il canto dei tenori che appare sul re minore a batt. 5. La cadenza evitata di batt. 7 permette l'avvento
di un Re maggiore a batt. 8 che inizia una serie di
modulazioni che portano al La bemolle di batt. 11 che
conclude il canto dei tenori. È alla battuta successiva, sul Fa minore, che
inizia il canto contrappuntato di bassi e soprani. Dopo la soluzione in Do
maggiore di batt. 13, l'organo lascia proseguire il coro, solingo da batt. 14. Canto che si libra alto, intimo ed espressivo nel 'pianissimo' e che si conclude a batt.
20 dopo una successione II-V-IV-I di Do maggiore. Seguono 'piano' i tenori,
accompagnati dall'organo sulla tonalità di Fa maggiore per batt. 22 e 23 (II-V-I) e di
Do maggiore da batt. 23 fino a batt.
25. “Dona nobis pacem”, la
formula conclusiva della composizione, che esordisce a coro pieno ma
'pianissimo' sul Si minore di batt. 25. Dopo il respiro di batt. 27, l'estrema
conclusione che accosta vari accordi minori, con funzioni implicite di
IV-II-V-I, terminando sul Re minore coronato.
ALLEGATO
C
In questo settore vengono raggruppate le composizioni che presentano
dichiarati fini propedeutici. Principalmente, ma non esclusivamente, sono i
nipoti di Bruno Pasut i dedicatari di questa
musica propedeutica, rivolta sia allo studio dello strumento che alla prassi vocale. Vengono affrontati determinati
problemi musicali basilari adeguando le tecniche proposte alla capacità
d'apprendimento dei bambini. Vi si trovano brevi pezzi che evitano il passaggio
del pollice per i piccoli pianisti, come melodie accompagnate che facilitano
l'intonazione degli intervalli nelle canzoncine. I testi usati sono
prevalentemente di carattere famigliare, nei personaggi di mamma e papà o di
una proposta religiosa di carattere devozionale adeguato alla psiche infantile. Approfittando della larga condivisione
famigliare della cultura musicale (potremo dire analogamente alla settecentesca
famiglia Bach), Bruno Pasut scrive anche dei
pezzi concertati che coinvolgono di volta in volta tutti i famigliari, ad
esempio il Concertino (2001), oppure i Primi passi sul violino I e II
suite (op. 7 del 1989 e op. 8 del 1990).
Trio
per violino, violoncello e pianoforte op. 22 (1991)
Dedicata ai tre nipotini, la
composizione è finalizzata didatticamente. Una didattica evoluta, che si occupa
del progressivo sviluppo della coscienza percettiva nella comprensione delle
relazioni linguistiche tra i suoni. La prima battuta apre in Do maggiore, esponendo
al pianoforte, lo strumento che in questo trio si incaricherà
di un determinante ruolo-guida, una cellula melodica reiterata e
caratterizzante. La prima battuta introduce l'attacco del violino alla seconda
battuta, modulando immediatamente al La minore con l'aiuto della sua dominante
Mi (in primo rivolto). Il senso ascendente dell'avvicendarsi delle cellule
motiviche della prima battuta si inverte in questa
seconda, che si trasforma nell'area di tensione di nuovo ascendente e diminuita
in questo momento di batt. 3, tensione che riporta
momentaneamente la stabilità armonica del tempo forte di batt.
4, in La minore.
Si rende evidente fin da
subito in questa composizione, il ruolo degli strumenti ad arco: si tratta di
un ruolo d'accompagnamento attivo, potremo dire, in cui l'ascolto diventa
l'attività primaria e l'esecuzione partecipata delle note attribuite,
qualificanti nel contesto lineare dell'avvicendarsi
volutamente prevedibile delle modulazioni, nelle intenzionalmente sottolineate
relazioni in cui si esprimono con evidenza le polarizzazioni di questo spazio
musicale, si propone come conferma attiva di un ascolto funzionale. A batt. 4,
la cellula motivica del pianoforte si spezza e allarga le proprie componenti
interne, ascendendo e crescendo nella dinamica fino al 'forte' della seconda
metà di batt. 5. 'Forte' preparato gradualmente anche
dal violino che si assesta sulla terza del Mi maggiore, il quale muta nel
secondo quarto di batt. 6 in Mi settima di dominante (la fondamentale è tenuta dal
violino) a seguire La minore, La diminuito, con una lieve variazione nella
morfologia della cellula motivica che ne accentua il carattere discendente.
Carattere che si mantiene tale per tutta la battuta successiva e si inverte decisamente in battuta 8, l'epilogo della
sezione. Attacco del cello a batt. 9, doppiando la fondamentale Do al pianoforte che presenta
una nuova cellula motivica, stesa nell'ampiezza di due quarti che scandiscono
accostamenti accordali di carattere modale. Violino e cello, senza rinunciare
al loro ruolo approfondito poc'anzi, si dispongono nella canonica parte grave di sostegno al movimento lirico, fino a spegnersi
entrambi al terzo quarto di batt. 13 per lasciar
spazio al Sol settima di dominante che risolve al Do maggiore (senza
fondamentale) del tempo forte di batt. 14.
Nel 'a
poco a poco crescendo' di batt. 14 e batt. 15, la scansione accordale si mantiene nei due quarti
precedenti, restringendosi a batt. 16 nel basso per
quarti che, crescendo cromaticamente, raggiunge l'apice nel Do del terzo quarto
di batt. 17, in corrispondenza del Mi del violino. Da
questo punto le parti si allargano, in una dinamica di inesorabile
crescendo, fino a giungere all'ampiezza massima poco prima del 'forte' del
primo tempo di batt. 20. In questa battuta interlocutoria, in cui la cellula motivica precedente si
distende scendendo, si ripropone il basso ogni due quarti e, al 'piano' della
successiva batt. 21, viene sostituita. La nuova
cellula motivica contrappone, sostenuta dal basso cromatico, una parte antecendente con funzione di tensione che occupa i primi
due quarti di battuta a una parte conseguente e, parzialmente, di risoluzione,
insediata negli ultimi due quarti battuta. Solamente il violino partecipa in questa alternanza; si ripropone il crescendo dinamico,
continua nonostante l'inversione di marcia del basso a batt.
24 e raggiunge l'apice di sezione nel 'mezzoforte' di batt.
26, battuta nella quale la metrica della cellula motivica ribadisce la stessa
formula ritmica nei due quarti antecedenti come nei due quarti successivi,
mantenendo così la tensione necessaria all'apparire della nuova sezione di batt. 29, introdotta dal violoncello e nella tonalità
inequivocabile di Sol maggiore. Una sezione che permette al violino una melodia
che, pur rimanendo nella semplicità delle capacità esecutive, assume un tratto
lirico compiuto.
La sezione si compone di
diciassette battute (da batt. 29 a batt. 45) di cui le prime
otto su un accompagnamento di ottavi omoritmici. Il violino dispiega il suo
canto sostenuto dal violoncello, in due frasi la seconda delle
quali, a partire da batt. 41, rientra nei
registri dell'armonia d'accompagnamento che dal terzo quarto di batt. 42 modula gradualmente, preparando quasi in un
interludio 'molto piano', la sospensione minore
coronata del 'Largo' di battuta 46. Si riprende a tempo a batt. 47 con un solare e
liberatorio Si maggiore, apparente però. Infatti si
manifesta immediatamente una regione tonale di tensione (Sol settima di
dominante, con la settima al basso, anche se in un registro alto) che mantiene
la specifica melodica e ritmica dell'ultima parte della sezione precedente per
mantenere, seppure in dinamica 'piano' la tensione necessaria per raggiungere,
modulando, la nuova idea musicale di batt. 56. Si
tratta della reiterazione isomorfica di una cellula musicale ritmico-melodica
della durata di un quarto al pianoforte, cellule accostate modalmente mediante una grammatica che unisce due frasi, antecedente (da batt. 56
a batt. 57) e conseguente (da batt.
58 a batt. 59), a loro volta divise simmetricamente
in semifrasi collegate da accordi di tensione ai
quarti delle rispettive battute. Le due frasi si contrappongono
simmetricamente: in un andamento melodico crescente/discendente in batt. 56
e 57, in un andamento melodico discendente/crescente in batt.
58 e 59. L'ultima armonia di batt. 59, enfaticamente rallentata (dominante di La minore)
introduce la nuova sezione. Inizia a batt. 60 la sezione che fa della figura terzinata della mano
sinistra del pianista l'ostinato caratterizzante, essa comprende la partitura
nelle battute da 60 a 73. La prima frase a batt. 60 a 62, l'andamento
complessivo melodico è discendente, vi è particolare cura nel definire
dinamiche funzionali al rafforzamento della conduzione musicale, compito che
viene propedeuticamente affidato agli archi, nelle note ma soprattutto nelle
intenzioni esecutive a loro attribuite. Sospensione tensiva a batt. 63
per introdurre la frase che inizia 'pianissimo' sul tempo forte di batt. 64. Frase che fa della discesa cromatica del basso e
dell'apertura timbrica della mano sinistra al pianoforte la propria cifra
espressiva, unitamente a una conduzione delle voci agli archi alternata negli
attacchi di battuta in battuta fino a giungere al 'piano'
di batt. 69, in cui gli archi si presentano
ritmicamente uniti. Una piccola variazione all'accompagnamento ternario
definisce le battute presenti fino alla 73 che chiude
il ciclo ternario. Per due battute successive, gli archi mantengono la loro
uniformità mentre il pianoforte presenta un'idea che ricorda da vicino ciò che accadeva intorno a batt.
44. La scansione ridiventa binaria nelle battute tra 74 e 77, spazi interlocutori che introducono il nuovo accompagnamento pianistico
che emerge da batt. 78 e che gradualmente, in una
discesa cromatica del basso e un'ascesa per moto contrario alla mano sinistra,
apre lo spazio sonoro del pianoforte fino all'apice intervallare in
'diminuendo' di batt. 81.
Si avvicina, a questo punto,
la conclusione della composizione. Esordisce il Do 'forte', al violoncello e al
pianoforte i quali manterranno questa nota a mo' di bordone (tenuta per il
violoncello, alternandone i registri ma sempre al basso per il pianoforte) fino
al termine. Su questo Do, il violino e il pianoforte mano sinistra sviluppano un movimento discendente che, con estrema
gradualità dinamica nel giro delle battute da 82 a 89 spegne il brano in
'pianissimo'. Codesto movimento discendente prende l'abbrivio da una frase di carattere che si sviluppa nelle battute 52 e 53, a sua volta
divisa in due semifrasi (affermativa in batt. 52, conclusiva in batt.
53). L'intera sezione conclusiva si costituisce nel ribadire per sei volte la
formula conclusiva di batt. 53, seppur con lievi variazioni, oscillando armonicamente
attorno al Do maggiore, con il violino che interpreta per note tenute le
intenzioni conclusive del pianista.
ALLEGATO
D
In questa sezione ritroviamo
le composizioni che sono state scritte da Bruno Pasut prevalentemente in un rapporto diretto con la riflessione personale, il
raccoglimento dinanzi all'avvicendarsi autobiografico. Vi si incontrano
occasioni celebrative di ordine personale, quale la dedica dell'op. 189 del
2003, eventi luttuosi, distacchi definitivi da persone amiche ad esempio l'op.
115 del 1982 dedicata alla memoria dell'amico fraterno Menenio Bortolozzi, la perdita della moglie Vittorina di cui l'Elegia op. 106 del 1995, ma anche opere dal carattere puramente
meditativo o legate alla memoria personale di alcune esperienze, ad
esempio il Versetto in modo eolio (op. 41 del 1998) oppure la
composizione giovanile Ad Igea Marina (op. 27 del 1930).
In alcune di queste
partiture, Bruno Pasut ritrova un rapporto
diretto con la scrittura musicale, non mediato da necessità di circostanza.
Alcune di esse costituiscono le occasioni (intese peculiarmente in senso
montaliano) in cui l’autore lascia trasparire il frangente tipico della crisi
novecentesca. In queste rare partiture le armonie, pur nello sforzo di
mantenersi entro la continuità di una logica consequenziale e senza mai abbandonare
definitivamente l'ambito tonale (anzi, esplorandone le impossibilità interne),
si fanno tormentate, complesse, rivendicano nelle spinte agogiche espressive il valore dell'interruzione, del silenzio interrogativo,
del dubbio intrinseco, dell'inquietudine dovuta all'impossibilità di
determinare una visione limpida proiettata al futuro, prossimo e venturo. Sono
le opere come ad esempio i Pensieri (op. 126 del 1938), il Corale
– interrogativi e contrasti (op. 40 del
1998), oppure le Divagazioni armoniche (op. 108 del 1993).
Pastorale
op. 26 (1930)
Breve composizione
cameristica per organo e due violini dove il titolo ne definisce anche il
genere. Il carattere pastorale si manifesta sin dal primo episodio (Adagio), da batt. 1 a batt. 8, di forte carattere modale nelle quinte
tenute al basso, episodio caratterizzato melodicamente da un andamento
appoggiato fortemente al ritmo di 6/8. Il secondo episodio (Andantino), da batt. 9 a batt. 16, modula nell'accordo di Si minore agganciandosi
alle batt. 7 e 8 dell'Adagio precedente, e reitera
per quattro volte, alla fine delle frasi di cui è composto, la risoluzione in
maggiore. Il carattere rimane drammatico ma per poco,
ciclicamente si schiude nella solarità del Fa diesis maggiore, suggerendo
l'idea di nubi che passano mentre il cielo rimane sereno. Il terzo episodio (Largo),
da batt. 17 a batt. 21, mantiene l'impianto modale centrandosi
sulla sottodominante Sol e risolvendo su una disposizione sonora che esclude la
terza nota dell'accordo e viceversa mette in evidenza la disposizione dei suoni
nell'intervallo di quarta. Le melodie degli archi, in questo caso, doppiano le
melodie proposte dall'organo. Anche se emerge la connotazione della plagalità risolutiva, l'episodio è foriero di reminiscenze
di un certo modernismo francese (Erik Satie).
Pastorale
op. 26 + violoncello (1930)
Della Pastorale op. 26 per organo e due violini, Bruno Pasut ne compone una versione nella quale aggiunge un violoncello. L'organizzazione
formale del brano viene mantenuta in sostanza inalterata
fino alla batt. 21 nella quale compare un passo di
transizione che prelude alla successiva modulazione in Mi maggiore. Da questo
punto del brano si diparte uno sviluppo dove il
carattere generale viene mantenuto conservando il carattere ondulatorio delle
melodie, sostenute da un apparato armonico decisamente modale. Tra batt. 32
e batt. 36 si manifesta un andamento ascensionale,
dinamicamente dal 'forte' al 'pianissimo', che conclude una prima parte dello sviluppo. Senza
transizioni modulatorie, si passa decisamente alla tonalità di Do maggiore. Durante le prime battute il clima si fa assertivo,
sostenuto dalla quinta Do-Sol al basso, fino a batt. 45 dove, mediante la
dominante Si settima, modula al Mi maggiore con cui era iniziato lo sviluppo a batt. 22. Seguono nove battute conclusive nel più schietto
stile pastorale, richiamando alla memoria melodie tradizionali di strumenti a
fiato e cornamuse.
Ad Igea Marina op. 27 (1930)
Brano pianistico armato con
quattro diesis e costruito su un cullante 6/8, probabilmente
il prologo di un lavoro più lungo in quanto la terminale batt.
23 lascia intendere un proseguimento. Un breve preludio iniziale di sette
battute, costituito da una base modale sulla quinta Mi-Si tenuta al basso per
le prime due battute sostenute dal pedale di risonanza su cui l'arabesco
dell'arpeggio dell'accordo di sesta (Mi maggiore
sesta) definisce l'incedere descrittivo del brano.
Igea Marina è una località
sulla costiera adriatica, in provincia di Rimini, dove il sedicenne Bruno Pasut soggiornò lavorando come pianista per un'estate. Le
caratterizzazioni musicali della composizione tratteggiano un paesaggio dove le onde del mare sono particolarmente
presenti. L'alternanza della dinamica espressiva tra il crescendo e il
diminuendo rafforza questa posizione. Il preludio culmina infatti, su una dinamica 'forte', a batt. 5
nell'accordo di dominante, accordo in cui la disposizione delle note raggiunge
una sonorità brillante, quasi a ricordare il bagliore luccicante del sole sulla
superficie del mare. Le seguenti due battute in 'piano'
concludono il breve preludio a seguire del quale si prosegue a batt. 8 nel relativo colore minore (l'importanza della nota
Do diesis viene sottolineata). Il carattere si immalinconisce
e, attraverso il passo di batt. 13 dove il ritmo
della melodia si spezza e la stessa avanza a semitoni, raggiunge una tensione
che (contenuta dal Sol della mano destra) non si sviluppa ma lentamente degrada
tra le batt.16-17 e batt. 22. Il carattere modale
rimane preminente nelle quinte e quarte al basso e nei movimenti delle armonie.
Improvviso
op. 104 (1931)
Anche in questo caso il
genere del brano viene confermato dal titolo. L'Improvviso op. 104 per pianoforte presenta quindi un andamento formale tripartito
iniziando in 3/4 con melodia in raddoppio alla mano destra in tonalità di Mi
maggiore. Il primo episodio, [A], a sua volta viene bipartito e nella seconda parte della bipartizione (da batt.
10 a batt. 19) ripropone lo stesso andamento melodico
arrangiato in maniera diversa, per terminare in cadenza perfetta sul Mi
maggiore. Il secondo episodio, [B], muta sia tonalità d'impianto nel Do
maggiore, sia metro ritmico portandosi sul 4/4. In
questa seconda parte [B], nonostante i mutamenti, si espone una formula
melodica che richiama fortemente la prima esposizione in [A] ma, in questo caso viene sottoposta a una serie di successioni modulanti
di carattere improvvisativo (appunto, tipico del
genere 'improvviso') che a batt. 32 si riappropria
del ritmo ternario caratteristico della sezione [A], tre battute prima
dell'episodio conclusivo. La terza parte del brano, che chiameremo [C],
riprende la tonalità iniziale e consta a sua volta di due parti di cui la
prima, da batt. 35 a batt. 38 mantiene il ritmo
di 3/4 e di altre sei battute conclusive, da batt. 39
a batt. 44, dove il metro è il 4/4. Questa terza e
ultima parte inizia citando l'agogica e la formula
melodica iniziale, una sorta di ripresa che sfocia però nella serie accordale
delle sei battute conclusive che, spegnendosi teatralmente, concludono sul Do
diesis minore.
Improvviso
op. 130 (1931)
Parte violinistica costruita
sull'Improvviso op. 104 per pianoforte: possiamo affermare che il
contributo solistico sia da riferire principalmente al colore della sonorità
violinistica che esegue, particolarmente per le prime due sezioni [A] e [B] e
per la prima parte del [C], la melodia proposta dal pianoforte, strumento che
in questo caso non possiamo definire esclusivamente ‘d'accompagnamento’.
Diventa evidente la stessa considerazione per l'ultima parte (e conclusiva
dell'intera composizione) del [C], dove il violino lascia la parte principale
al pianoforte, limitandosi a sottolineare fortemente
una esigua linea d'accompagnamento sul dialogare accordale del pianoforte fino
a spegnersi sulla tonica Do diesis.
Rimembranze…
op. 76 a (1932)
'Schizzo' per pianoforte di
undici battute in tempo ternario che comprendono quattro battute di introduzione (da batt. 1 a batt. 4) in cui viene reiterata la figura d'accompagnamento
che determinerà l'intero brano e le seguenti sette definite dalla melodia
accompagnata. L'armonia si centra in Mi bemolle maggiore, l'accompagnamento si
propone nella figura dell'ostinato oscillante tra il I e il V grado.
Complessivamente, l'episodio si mantiene in un afflato nostalgico e sospeso dove la massima articolazione si verifica in
concomitanza dell'ottava battuta; senza mutare particolarmente andamento
armonico (potremo definirla quasi un'increspatura) si scioglie nelle tre
battute conclusive. Il carattere sospensivo dell'intera composizione viene ribadita inoltre nelle tre battute conclusive (le
quali si articolano armonicamente in una successione I-V-I) dalla nota tenuta
al canto, la quinta dell'accordo di tonica.
Pastorale
op. 68 (1933)
Composizione in La bemolle
maggiore per organo, dal ritmo di 6/8 ripartita in due sezioni [A] e [B],
rispettivamente di nove (da batt. 1 a batt. 10) e di dodici
battute (da batt. 11 a batt.
22). In partitura si trova un breve testo poetico di carattere
narrativo-amoroso dall'epilogo drammatico e nichilista. Si ravvisa un intento
musicale descrittivo. La melodia inizia baldanzosamente, dipanandosi nella
prima sezione [A] in arpeggi sostenuti da robusti pedali di basso, articolati
in quinte e in seste. Di tono diametralmente opposto la seconda parte [B],
nella quale la melodia incede con andamento discendente, un andamento che si
arricchisce dalla batt. 13 di una linea di contrappunto superiore che l'accompagna
nell'ulteriore discesa. La discesa termina in corrispondenza della batt. 16
dove, in un metro ritmico trocaico, l'armonia raggiunge faticosamente una zona
di sospensione drammatica a batt. 18, a seguire la
conclusione. Degna di nota la mancanza della terza
nell'accordo conclusivo, che sospende ulteriormente la sonorità nell'intenzione
probabile di indicare la strofa: «Ora son solo: ora non credo in nulla».
Pensieri
op. 126 (1938)
Brano pianistico dalla tipica
forma di improptu (improvviso). Undici battute
in Fa minore arrovellano una tormentata melodia a volte indistinguibile dagli
impasti armonici. Composizione estemporanea, probabilmente campo sperimentale
per soluzioni tematiche e armoniche.
CONCLUSIONI:
BRUNO PASUT, IL SUO NOVECENTO
Ripercorrendo
in sintesi la produzione musicale di Bruno Pasut possiamo identificarne i tratti estetici salienti, riassumibili parzialmente
nelle peculiarità seguenti:
- una spiccata capacità di aderire ai principi del contesto di produzione e fruizione
nel e per il quale le partiture furono concepite;
- indugiare
verso un virtuosismo strumentale in alcune partiture, soprattutto pianistiche;
- la massiva
presenza di musiche relative a testi o contesti legati alla parola anche in
funzione della particolare consistenza della vocalità, corale, profana e sacra, esplicita
ed implicita, evidente nella qualità narrativa di molte partiture strumentali
(ad esempio, la Marcia dei pastori per organo op. 214 del 1944);
- la versatilità e
la pertinenza con le quali viene perseguito sia un efficace descrittivismo
sonoro negli effetti della fruizione all'ascolto, sia un completo
descrittivismo di significato sottinteso nell'impiego di opportune tecniche
compositive, selezionate in funzione del valore semantico delle stesse. (Ci
riferiamo, a titolo di esempio, ai tritoni impiegati sagacemente da Bruno Pasut nella
composizione sacra Ave Maria op. 61-I del 1932 in corrispondenza delle
parole “fructus ventris tui” alle batt. 11-12, “peccatoribus” alla batt. 20 e “mortis nostra” alla batt. 26);
- una particolare
attenzione nel controllo sonoro del risultato compositivo;
- la qualità e la
competenza con le quali vengono sviluppate le partiture in stili antichi,
polifonici e gregoriani, dovuta indubbiamente a una indefessa volontà di
comprensione e studio che ha generato una conoscenza musicale di carattere
enciclopedico (da cui si è guadagnato, inoltre, la simpatica e amichevole
alterazione del cognome da parte degli allievi nei conservatori in cui
insegnava: maestro Bruno Sa-tut);
- la fedeltà al
proprio àmbito formativo mantenuta nel tempo, un tempo particolarmente gravato
da trasformazioni importanti, come precedentemente indicato: il modernismo della prima parte del
Novecento, derivante dall'influenza sulla cultura musicale italiana della Generazione dell'80, nella
particolare interpretazione del maestro Bianchi in successione alla personalità
di Malipiero, anch'essa espressione di una posizione particolare;
- la scelta di non
aderire a moduli di sperimentazione che, con progressiva frequenza, s’imposero
nella musica man mano dagli anni Cinquanta del Novecento in poi.
Ricordiamo,
a titolo di esempio, gli ormai celebri incontri svoltisi a Darmstadt, in cui si
dibatterono fruttuosamente le urgenti tematiche inerenti alla composizione musicale, che furono istituiti dal 1946. È del 1954 Le marteau sans maitre di Pierre Boulez. Nel 1950, presso il celebre studio
di musica elettronica di Colonia si riunirono personalità quali Karlheinz Stockhausen, Franco Evangelisti, György Ligeti, Henry Pousseur, Mauricio Kagel. Nel 1951, John Cage pubblica i quattro volumi di Music
of Changes per pianoforte e Immaginary Landscape n. 4.
Nel
1950, Bruno Pasut dirige a Venezia, presso la
Scuola Grande di San Rocco, la versione integrale del Festino del Giovedì
Grasso avanti cena di Adriano Banchieri, concerto trasmesso dalla Rai e
dalla BBC inglese. Compone, inoltre, l'abbozzo operistico L'Orso da un
testo ottocentesco di Cechov, la Novena dello Spirito Santo e la Novena
dell'Immacolata (op. 180 e op. 181 del 1950), la Pastorale II per
organo (op. 37 del 1954), l'Adagio-Corale (op.
34 del 1954). Mentre tra il 1956 e 1957, Gian Francesco Malipiero compone gli Otto
dialoghi, soliloqui col tempo passato strutturati musicalmente in moduli
arcaici, è del 1961 il debutto della composizione Intolleranza 1960 di
Luigi Nono, veneziano.
La
scelta di Bruno Pasut di non aderire alle istanze, che con urgenza provenivano dall'attualità
compositiva musicale dell'epoca, si fonda, a nostro avviso e sulla scorta della
frequentazione del suo corpus compositivo, su una implicita
considerazione personale del valore insito nella sintesi linguistica raggiunta
nel corso dei secoli nell'universo tonale dei due modi, maggiore e minore; valore fondativo in cui l'opera d'arte si costituisce
autenticamente e nella quale si
riflette la consapevolezza di riconoscimento della coscienza collettiva
profonda, definita dalla ritualità.
Risulta chiaro che, per Bruno Pasut, il modo originario di articolazione dell'opera
d'arte nel contesto della tradizione trova la sua espressione nel culto, nel
rito. La crisi novecentesca deve essere vissuta, per Bruno Pasut, all'interno del flusso del
“grande fiume” che ha portato alla crisi stessa, senza rifiutarne a priori e
genericamente i fondamenti, i medesimi della coscienza umanistica occidentale.
Il rifiuto, la sostituzione, sono i tratti con cui si propone gran parte
dell'arte musicale occidentale nel Novecento, e Bruno Pasut non ne prende parte,
coscientemente. Non rinuncia ai capisaldi dell'autenticità nel comporre, del
mettersi in relazione con la creatività, che rivela la necessità di un atto
artistico non soggettivo e personale, ma relativo (non
relativista) a una grandezza che travalica lo stesso compositore.
Nell'autentico procedere artistico egli riesce a intuirne, e restituirne, il
profilo.
Allo
stesso modo, partecipe del tempo in cui vive, sono vari e, in parte,
dissimulati i moduli compositivi attraverso i quali si esprime il disagio novecentesco
nella musica di Bruno Pasut; tali moduli si
possono individuare nelle formule di esasperazione con la quale i procedimenti
armonici di alcune composizioni si confrontano con la dissonanza, tipico
stilema novecentesco, che non sfociano mai nel
completo distacco ma diventano il sintomo di una consapevolezza drammatica.
Possiamo, inoltre, individuarne i tratti nello stilema della cesura,
dell'interruzione improvvisa che segue la spinta agogica del crescendo contenuto in alcune composizioni pianistiche. La
cesura improvvisa, rappresentazione artistica di un’interiore consapevolezza
dell'incognita futura, è la frattura che prelude a un silenzio interrogativo, a
una statica attesa incapace di confermare prospettive in cui i valori dello
spirito umanistico si possano perpetuare.
Bibliografia di riferimento:
Giovanni
d'Alessi, Il
Motu Proprio sulla Musica Sacra di SS. Papa Pio X, Vedelago (TV),
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Bietti, 2005;
Daniele
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Guido
Salvetti, Ideologie
politiche e poetiche musicali nel Novecento italiano, in Rivista Italiana
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Fiamma Nicolodi (a cura di), Musica italiana del primo Novecento, la generazione dell'80, atti del convegno, Firenze, Leo Olschki editrice, 1981;
Marcello
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Gli scherzi di Saturno, carteggio 1907-1927, Lucca, Libreria Musicale
Italiana editore, 1991;
Enrico Fubini, Il pensiero musicale del Novecento, Edizioni ETS, Pisa 2011 (seconda
edizione);
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Guido
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generazione dell'Ottanta, Monza, Casa Musicale Eco, 2007;
Luigi
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storia della Musica Sacra, Milano, Il Saggiatore, 2005;
Valentino
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Guglielmina Tieri e Pietro Verardo, La vita e l'opera di
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Michele Girardi e Franco Rossi, Il Teatro La Fenice. Cronologia degli spettacoli 1938-1991, Venezia, Albrizzi Editore, 1992.
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